EMERGENZA RIFIUTI
La Lunga Estate Sporca
- di: Sergio Gatteschi
- Attraverso una rassegna dalla stampa estiva l’autore racconta la lunga serie di emergenze dei rifiuti solidi urbani in più di mezza Italia: una sporca storia di degrado urbano, di irresponsabilità politiche, di disinformazione. Chi continua ad agitare il tabù dell’incenerimento dei rifiuti e a impedire la realizzazione degli impianti dovrebbe rispondere politicamente delle emergenze e dell’ormai abituale ricorso all’esportazione dei rifiuti urbani, una pratica disonorevole per il nostro paese.
In questa estate 2016 è esplosa la disastrosa questione dei rifiuti solidi urbani in quella parte del paese che non ha sufficienti impianti di smaltimento. La dura realtà sta facendo giustizia (ahimè a caro prezzo!) delle esitazioni di una classe politica e burocratica che, di fronte a scelte che possono essere impopolari, ha preferito glissare, rimandare, balbettare sciocchezze sui “rifiuti zero”.
Ora arriva il conto da pagare, ed è un conto salato. Anzitutto per l’ambiente, con strade e mari solcati da mezzi ricolmi di rifiuti diretti dall’Olanda al Marocco, dal Nord Italia a al Portogallo. Poi per le tasche dei contribuenti, ed è bene ricordare che romani e napoletani paghino le tasse sui rifiuti più alte d’Italia. Non ultimo, per i rapporti tra comunità, dove quelle senza impianti si trovano a scaricare su altre comunità il prezzo dei loro fallimenti e della loro demagogia, suscitando ovvie proteste e aperti conflitti all’interno delle stesse forze politiche.
Vedi i 5 Stelle emiliani che dicono no ai rifiuti di Roma. Il Corriere della Sera del 14 agosto 2016 riporta la dichiarazione di Sassi, capogruppo alla Regione Emilia-Romagna che esclude di accogliere l’immondizia della Capitale: «Non siamo disposti a diventare la pattumiera d’Italia, a prescindere dagli schieramenti».
Così, chi si è opposto per populismo e demagogia al decreto sblocca Italia e agli impianti previsti in quel decreto si trova a mettere in difficoltà la propria comunità ed il paese intero.
Entriamo nel dettaglio delle crisi aperte, che hanno come unica soluzione l’esportazione, o il tentativo di esportazione, di rifiuti.
1.E' esplosa la crisi di Roma che esporta un milione di tonnellate di rifiuti in 62 località diverse. Da La Repubblica del 30 luglio 2016: “Dei sei siti della municipalizzata Ama esistenti a Roma e provincia, due soli trattano i rifiuti, ma giusto per trasformarli in nuovi rifiuti. Meno ingombranti e meno inquinanti, comunque da spedire lontano dalla Capitale insieme ai rifiuti trattati dai privati.
Nel resto del Lazio, in altre nove regioni italiane, in tre stati europei: Portogallo, Romania, Bulgaria. I rifiuti indifferenziati di Roma — 3.000 tonnellate prodotte ogni giorno — vanno in sessantadue impianti lontani: un viaggio antieconomico, pericoloso, messo ogni giorno a rischio da qualsiasi incidente possibile, una discarica sequestrata dalla magistratura o fermata da un controllo ambientale, uno sciopero dei trasporti. Solo l'Ama, la municipalizzata romana, appunto, muove 183 camion bilici ogni giorno per portare spazzatura nel resto d'Italia”.
La vicenda romana è divenuta di tale gravità da rappresentare uno dei principali motivi di crisi della neo giunta della sindaca Raggi. Lo scontro fra l’ex amministratore dell’AMA Daniele Fortini e l’assessora Muraro ha portato prima alle dimissioni di Fortini e ora - sembra- arricchisca i capi di imputazione dell’indagine della Procura a carico dell’assessora. Al di là dei riflessi politico giudiziari però, rimane il fatto che, nell’anno del Giubileo, Roma è più sporca del solito a causa del permanere dell’immondizia nelle strade. Inoltre, la quasi totalità dei rifiuti raccolti, (trattati o non trattati?) continua a viaggiare per tutta l’Europa con destinazione impianti di incenerimento e, addirittura, discariche altrui.
2. Crisi in Puglia, da La Gazzetta del Mezzogiorno, 6 luglio 2016: “L’Emilia-Romagna va in soccorso della Puglia sulla questione rifiuti: la Regione, d’accordo con gli Enti locali interessati, ha deciso di accogliere 20 mila tonnellate di rifiuti urbani che non possono essere conferite all’impianto brindisino di Pandi, sottoposto nei giorni scorsi a sequestro dall’autorità giudiziaria.
L’aiuto sarà limitato al tempo necessario: dal 12 luglio alla prima settimana di settembre. Saranno i termovalorizzatori di Bologna e Ferrara, scelti in base all’analisi dei flussi e delle dotazioni, ad accogliere i rifiuti, per un quantitativo massimo di 20 mila tonnellate, che rientra comunque nei limiti autorizzati. In particolare, 8 mila sono destinate all’impianto bolognese e 12 mila a quello ferrarese; complessivamente, si tratta quindi di circa 400 tonnellate al giorno, per 6 giorni alla settimana.
3. La crisi permanente a Napoli e in Campania.
Nel 2011 De Magistris raggiunse un accordo con le autorità olandesi: nell’arco di ventiquattro mesi l’Olanda avrebbe accolto quasi 250 mila tonnellate di spazzatura campana. «È solo una misura transitoria che ci consentirà di prendere respiro e far partire al meglio la raccolta differenziata», promise il vice sindaco di Napoli Tommaso Sodano. Il costo complessivo dell’esportazione si aggirò intorno ai 27 milioni di euro, circa 109 euro a tonnellata. Quasi 20 euro in più rispetto a quanto sarebbe costato bruciare la spazzatura campana negli inceneritori delle regioni del nord Italia, che però non diedero il nulla osta.
L'accordo fu poi prorogato e Asia e Sapna, la società controllata dalla provincia, pagano tuttora milioni di euro l'anno per trasportare tonnellate di spazzatura dei napoletani in Olanda. Ogni carico, in media, vale 3 mila tonnellate di immondizia con una spesa per l’amministrazione pubblica di 360 mila euro. Gli olandesi, a loro volta, con questa quantità di rifiuti producono energia risparmiando 5 mila barili di petrolio e versando al fisco (olandese) 76 mila euro.
Da Il fatto quotidiano, 11 novembre 2014: “Finiscono in Austria e in Olanda, trasportati sui convogli o sulle navi. Ma la maggior parte dei rifiuti di Napoli smaltiti fuori regione vengono mandati in Lombardia, esportati come “rifiuti speciali” negli impianti di trattamento e negli inceneritori.” Lo aveva rivelato l’assessore all’ambiente di allora della Regione Campania, Giovanni Romano, nella relazione depositata nel corso dell’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. Un documento dettagliato sullo “Stato della gestione del ciclo dei rifiuti in Campania” che riporta i dati degli anni 2013 e 2014 e descrive con chiarezza la filiera dei rifiuti campani. Il primo importatore di rifiuti dalla Campania era la Lombardia, che da gennaio a settembre 2014 accolse 105 mila tonnellate provenienti da Napoli e destinate agli inceneritori. Una quantità superiore anche a quella spedita dalla Sapna, la società provinciale di gestione rifiuti, agli impianti di Austria e Olanda, che nel 2014, trattavano rispettivamente 40 e 27 mila tonnellate. Nel 2013, la Regione Campania, su un totale di 1 milione e 300 mila tonnellate di rifiuti, aveva esportato fuori regione circa 526 mila tonnellate di “monnezza”, scese a 400 mila nel 2014. La parte restante dei rifiuti, nei due anni, era stata incenerita ad Acerra o smaltita nelle discariche regionali di San Tammaro (Caserta) e Savignano Irpino (Avellino) e presso impianti privati campani.
Da La Repubblica, 5 luglio 2016: “Questa estate è scoppiata anche la crisi con il Marocco: 2.500 tonnellate di rifiuti in arrivo dalla Campania: quanto basta per mobilitare la società civile marocchina. Una petizione on line chiede al ministero dell'ambiente di annullare l'autorizzazione a incenerire rifiuti industriali provenienti dall'Italia nei centri di smaltimento del Marocco. La petizione chiede l'intervento del gabinetto reale, perché il paese non diventi il centro di raccolta della spazzatura internazionale".
4. La crisi in Sicilia
Da La Repubblica, 14 giugno 2016: “Rifiuti spediti dalla Sicilia all'estero, si parte entro agosto. Da esportare 160 mila tonnellate verso Bulgaria, Romania o Portogallo. L’operazione peserà sui Comuni: 14 milioni in più fino a novembre. Crocetta: "Non ci saranno costi aggiuntivi”.”
Per tutta l’estate le immagini dei cumuli dei rifiuti nelle località più belle dell’isola fanno il giro del mondo e dominano le cronache della stagione turistica siciliana.
5. La crisi in Calabria
La Regione Calabria ha indetto un appalto per complessivi due milioni e mezzo di euro per l’affidamento del servizio di servizio di trasporto, conferimento, avvio, trattamento e recupero dei rifiuti organici da raccolta differenziata (CER 20.01.08) prodotti nel territorio della Regione Calabria presso impianti autorizzati extraregionali”.
6. L'avvicinarsi della crisi nell'Ato Centro Toscana (province di Firenze, Prato e Pistoia) e l'infiltrazione degli smaltimenti illegali per i rifiuti industriali.
Attualmente gli impianti di smaltimento presenti nell'Ato non sono sufficienti, e buona parte dei rifiuti non differenziati finiscono nelle discariche extra Ato di Peccioli (Pisa) Terranuova Bracciolini (Arezzo) Firenzuola e Gaggio Montano (che fanno parte dell'Ato Emilia Romagna) nonché nei termovalorizzatori disponibili al momento. Il Piano di Ambito prevede che il collocamento in discarica e queste esportazioni diminuiscano drasticamente a partire dal 2017 con l'entrata in esercizio del termovalorizzatore di Case Passerini. Se il termovalorizzatore non venisse costruito anche la parte più popolosa e produttiva della Toscana si unirebbe all’Italia che vaga in cerca di impianti altrui.
L’emergenza rifiuti in Toscana ha riguardato anche lo smaltimento dei rifiuti industriali con il caso degli sversamenti illegali. "Le dolci colline toscane sventrate da oltre 45 mila tonnellate di rifiuti tra cui speciali e pericolosi, cioè costituiti da fanghi di depurazione contenenti sostanze inquinanti derivati da cicli industriali, soltanto negli ultimi tre anni. Oltre ottocento ettari di terra generosa, coltivata in gran parte a grano e graminacee, trasformati da imprenditori senza scrupoli in un’immensa discarica occulta in cui le zolle s’imbevono di fanghi da acque reflue industriali e urbane, idrocarburi, metalli pesanti, rame e zinco. Agriturismi da cui si contemplano panorami unici al mondo invasi dall’odore fetido delle fanghiglie, mentre nelle vicine aziende agricole si continuano a coltivare prodotti inquinati alla radice". Così Il Tirreno del 16 settembre ha riassunto i risultati dell'inchiesta giudiziaria sul traffico illegale di rifiuti, che trova spazio in una regione senza impianti di smaltimento, come denunciano gli industriali della carta della Lucchesia, che sono poi quelli che riciclano la carta da raccolta differenziata proveniente da tutta la Toscana e non solo. “Il Testo Unico Ambientale prevede che i rifiuti speciali vengano gestiti nei luoghi più prossimi a quelli di produzione e vengano recuperati, ma questo non è possibile nel distretto cartario toscano per la mancanza di impianti” dice Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta, l’associazione delle industrie della carta, a proposito dell’inchiesta sull’inquinamento da rifiuti in Toscana condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Mancano gli impianti e così i rifiuti sono costretti a lunghi viaggi che rendono più difficili i controlli anti inquinamento sulla filiera rispetto allo smaltimento a chilometro zero. L’imprenditore cartario Tiziano Pieretti, la cui azienda è coinvolta nell’inchiesta della DDA, racconta: “I colleghi tedeschi mi prendono in giro. ‘Ma come – ridono – paghi per smaltire i rifiuti? Noi ci guadagniamo ricavando energia dalla termovalorizzazione’. Io non solo pago, ma per smaltire fuori distretto ora passo pure guai giudiziari pur avendo la coscienza a posto”. Ancora Medugno: “Sicuramente c’è un ritardo delle istituzioni e dell’opinione pubblica. Io posso solo sottolineare il gran valore ambientale della filiera della carta in Toscana, che produce un materiale rinnovabile, in buona parte riciclato e che ha un fatturato di circa 4,5 miliardi (1 miliardo di export), con 8.000 addetti”. Si stima che la produzione di scarti dal riciclaggio della carta nel distretto lucchese siano circa 120 mila tonnellate. “E’ il cosiddetto scarto di pulper (secondo la classificazione europea lo 03 03 07) - spiega Medugno - rifiuto che risente ovviamente della qualità della carta da riciclare in ingresso (oltre che dei diversi processi). Maurizio Bologni, La Repubblica del 16 Settembre 2016
7. La crisi in Liguria: Dicembre 2015 Comunicato della Giunta Regionale Ligure: “Sono stati rinnovati fino al giugno 2016 gli accordi con il Piemonte e con la Toscana per superare l'emergenza rifiuti a Genova e in Provincia di Savona, in attesa del completamento degli interventi per rimettere in funzione, almeno parzialmente, la discarica di Scarpino e completare le opere presso la discarica di Vado Ligure. Lo ha comunicato l'assessore regionale all'ambiente e rifiuti Giacomo Giampedrone che oggi ha portato in Giunta un piano complessivo delle soluzioni per la gestione del periodo di emergenza, relativo a tutto il mese di giugno 2016. Saranno 110.000 le tonnellate di rifiuti che verranno conferite, nel prossimo semestre, dalla Liguria agli impianti piemontesi dei Comuni di Alessandria, Novi Ligure, Casale Monferrato, Asti, Cerro Tanaro, Cavaglià, Borgo San Dalmazzo, Magliano Alpi, Villafalletto, Grosso e Torino. A questo quantitativo di rifiuti si aggiungeranno ulteriori 15.000 tonnellate dirette verso la Toscana, nel Comune di Massa. Due soluzioni extraregione che si andranno ad aggiungere alle soluzioni interne di trattamento dei rifiuti nella discarica del Boscaccio di Vado Ligure e nella discarica di Saliceti di Acam in Provincia della Spezia. "Ringraziamo la Regione Piemonte e la Regione Toscana che con un atteggiamento concreto di collaborazione istituzionale hanno accettato di prorogare il programma di accoglienza dei rifiuti genovesi e liguri - dice l'assessore Giampedrone - si tratta comunque di una soluzione transitoria e di emergenza che auspichiamo possa avviarsi verso una conclusione a giugno, sia per la messa in funzione almeno parzialmente di Scarpino, sia per gli effetti positivi di riduzione dei quantitativi di rifiuti da esportare, grazie al percorso avviato dalla nostra legge di recupero del materiale differenziato. Tutto questo per una situazione emergenziale che abbiamo ereditato che riguarda la gestione fallimentare dei rifiuti da parte della passata Giunta e la sua incapacità di conferire alla regione un corretto ciclo di smaltimento, come dimostrato anche dal costo di smaltimento fuori regione pari a 220 euro a tonnellata all'anno. Il nostro obiettivo è l'abbattimento di questa cifra, da qui al 2020, termine per l'entrata in vigore della nostra legge che si prefigge di diminuire progressivamente la quantità di rifiuti da portare fuori e trattare separatamente l'organico".
Riflessioni di fine estate. A corollario di questa sommaria rassegna, possiamo osservare che chi ha i termovalorizzatori li usa, a prescindere dall’appartenenza a una forza politica o a un’altra: in questa tornata elettorale è cambiata l'amministrazione comunale di Torino, che ha immediatamente respinto una mozione per la chiusura del termovalorizzatore; a Parma l'amministrazione comunale è entrata nella società di gestione del termovalorizzatore; a Livorno la nuova amministrazione ha stabilito la centralità dell'inceneritore nel piano dei rifiuti fino al 2021; a Napoli, è solo grazie al termovalorizzatore di Acerra, se non ci sono state altre crisi acute.
Intanto, pochi cittadini sono informati su dove vanno a finire i rifiuti della propria città e su quanto costa portarceli.
Rifiuti Zero è uno slogan illusorio, facilone e fuorviante. Qualcuno ha scritto che per avere rifiuti zero dovremmo morire tutti. Rifiuti Zero è anche una cattiva interpretazione del “Zero Waste” dei programmi europei che, invece, noi abbiamo tradotto con il più appropriato “Zero sprechi”.
Zero sprechi rappresenta un modo etico e efficace di trattare i rifiuti, utile per convincere i cittadini che esiste un ciclo di cui fa parte anche il recupero energetico, che non ha controindicazioni rilevanti rispetto ad altre trasformazioni ed è certamente preferibile alla discarica. I cittadini devono essere informati che la raccolta differenziata non può raggiungere il 100% e che anche il riciclo produce una grande percentuale di scarti.
L'economia circolare è la strategia decisiva anche per uscire dalle emergenze. Essa presuppone che i cittadini siano informati di tutti gli aspetti del ciclo dei rifiuti e consapevoli delle responsabilità che le proprie comunità assumono nei confronti della comunità internazionale e delle generazioni future quando il cerchio dei rifiuti non si chiude.