Tags: Scienze, Clima

MODELLI CLIMATICI

Eppur si Scalda

di: Gianluca Alimonti*
Il gruppo guidato da J. Kirkby, impegnato nell’esperimento CLOUD presso il CERN di Ginevra, ha pubblicato su Nature uno studio, Kirkby et al., 2016, in cui si mostra che il processo di nucleazione, alla base della formazione delle nuvole, può avvenire anche in assenza di acido solforico ed è fortemente influenzato dai raggi cosmici. I risultati della ricerca mettono in discussione le proiezioni dei modelli climatici utilizzati finora dall’IPCC.


Secondo la teoria corrente il processo di nucleazione è fortemente legato alla presenza atmosferica di acido solforico stabilizzato da tutta una serie di molecole organiche come le ammine, o inorganiche come l’ammoniaca. Kirkby et al. hanno mostrato non solo come la nucleazione possa avvenire in assenza di acido solforico ma, anche, cosa forse ancor piu' importante, come questa dipenda fortemente dalla presenza di ioni generati da raggi cosmici, aprendo così la via alla spiegazione di un effetto indiretto tra il sole ed il clima terrestre, da tempo osservato in proxy climatici ma mai supportato da un modello scientifico.

Gli autori hanno ricreato al CERN di Ginevra in una camera ultrapulita, equipaggiata con raffinata strumentazione per monitorarne i parametri interni, le condizioni atmosferiche in cui si generano i nuclei di condensazione delle nuvole ed hanno potuto constatare che anche in assenza di acido solforico possono generarsi nuclei di condensazione a partire dalla nucleazione di vapori atmosferici relativamente ricchi di molecole di origine organica come, ad esempio, il cosiddetto α-pinene o monoterpene, composti chimici che vengono generati dalle foreste e che si concentrano nella fascia atmosferica in cui avviene la nucleazione.

Le molecole di α-pinene da sole non sono in grado di giustificare quantitativamente il processo di nucleazione, ma le cose cambiano quando ci si trova in presenza di ioni, generati in atmosfera dai raggi cosmici galattici (GCR) e riprodotti dai fasci degli acceleratori del CERN: i risultati sperimentali dimostrano che la velocità di nucleazione aumenta di uno o due ordini di grandezza in presenza di ioni rispetto ad una situazione neutra. La cosa si giustifica, da un punto di vista fisico, con la maggiore velocità di interazione tra le particelle cariche ed i composti volatili rispetto a quella tra particelle neutre e composti volatili.

I risultati di questo studio mettono in discussione parte dei risultati ottenuti dalla scienza del clima e possono ridimensionare l’influenza antropica sui cambiamenti climatici. Oggi si è dell’avviso che la concentrazione atmosferica di acido solforico sia il principale fattore che determina la quantità di nuclei di condensazione e che gli ioni siano un fattore secondario del processo di nucleazione. La concentrazione di acido solforico è fortemente aumentata dopo l’avvio dell’era industriale e le piogge acide che hanno arrecato danni anche gravi alle foreste dell'emisfero boreale nel corso del 20° secolo ne sono una prova evidente. Secondo i risultati di CLOUD tale influenza puo' essere ridimensionata in quanto la capacità di nucleazione dei composti volatili biogeni è confrontabile con quella dell’acido solforico, a patto che le molecole di origine biologica siano stabilizzate dai raggi cosmici. Poiché questi ultimi vengono modulati dall’attività solare, sarebbe così spiegato il ruolo del Sole nel determinare il clima terrestre in modo indipendente dal valore della TSI (Total Solar Irradiance).

I modelli climatici sottostimano la copertura nuvolosa in epoca pre-industriale in quanto l’atmosfera di quel periodo storico viene considerata “incontaminata”. Tenendo conto dei risultati di CLOUD, invece, la copertura nuvolosa in epoca pre-industriale non sarebbe stata molto diversa da quella attuale così come l’effetto albedo connesso alle nuvole.

Poiché in tale epoca la temperatura globale era inferiore a quella attuale anche in presenza di un albedo sin'ora ritenuto minore, nei modelli climatici il forzante radiativo antropico assume valori molto alti. In base ai risultati di CLOUD, rendendo confrontabile l’albedo pre-industriale con quello attuale, la componente positiva del forzante radiativo di origine antropica risulta ridotta.

La variazione della temperatura globale terrestre è esprimibile tramite:

ΔT = a ΔF (1)

in cui

  • ΔT è la variazione di temperatura in un dato periodo
  • a è la sensibilità climatica
  • ΔF è la variazione del forzante radiativo.

La variazione della temperatura globale dal 1750 ai giorni nostri rappresenta un dato del problema. Gli altri due parametri che compaiono nella formula sono oggetto di discussione nell’ambito della comunità scientifica. La sensibilità climatica viene determinata principalmente come output dei modelli di simulazione del clima. Il forzante radiativo viene stimato sulla base di considerazioni fisiche che coinvolgono l’equilibrio radiativo terrestre.

La variazione del forzante radiativo dal 1750 ad oggi, nell’ipotesi del cambiamento climatico di origine antropica, è quasi esclusivamente dovuta alle azioni dell’uomo ed è costituita da due componenti: una componente positiva o “riscaldante” originata dai gas serra come la CO2, ed una componente negativa o “raffreddante” causata dall’albedo (delle nuvole o dei ghiacciai) e l’effetto schermante degli aerosol. Dall'ultimo Assesment Report 5 dell'IPCC si osserva che il forzante radiativo negativo delle nuvole é circa un terzo di quello positivo della CO2. In base ai risultati di CLOUD la componente negativa del forzante radiativo deve essere rivista al ribasso (in valore assoluto). Ciò comporta che il forzante radiativo totale aumenta.

Tenendo presente l’equazione (1), si vede che in presenza di un aumento della variazione del forzante radiativo deve diminuire la sensibilità climatica. Se consideriamo costante la sensibilità climatica deve diminuire invece il forzante radiativo. In entrambi i casi le proiezioni dei modelli climatici devono essere riviste al ribasso: questo può forse concorrere a ridurre il gap tra i modelli e le temperature oggi osservate e, forse più importante, a tranquillizzarci sulle previsioni sulla futura crescita della temperatura.

 

*Professore del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano

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