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NOVITA’ SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Il clima è mobile

Scritto il .

di: Leonello Serva e Cettina Amari
Vengono commentati i dati e le conclusioni del V Assessment Report dell’IPCC per quel che riguarda le basi fisiche del riscaldamento globale cercando di individuare le reali affermazioni del Panel e gli elementi che mettono in luce possibili contraddizione del Panel stesso. Per migliorare la comprensione viene descritta la struttura e il funzionamento dell’IPCC, alcuni problemi riguardanti i fenomeni e le relative incertezze, e un panorama delle varie cause e concause, naturali e antropogeniche che possono essere responsabili o interferire con il riscaldamento o il raffreddamento globale e regionale.


 

Non hai bisogno di essere un meteorologo per
capire da che parte soffia il vento. (Bob Dylan)

Il nuovo Rapporto dell’IPCC
E’ stato reso pubblico, in un’apposita riunione a Stoccolma, il V Assessment Report (rapporto di valutazione) preparato dal I Gruppo di Lavoro – che si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici - dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico). In queste ultime settimane, i membri del gruppo, riuniti a Ginevra, hanno finalizzato, limato e “controllato riga per riga” il testo del rapporto, per la verità con risultati da molti considerati non esaltanti.

Ufficialmente, la linea seguita dal Panel, nei vari rapporti che si sono susseguiti, non è cambiata. Dice il comunicato stampa dell’IPCC, citando il cinese Qin Dahe (co-presidente del I Gruppo di Lavoro): “L’evidenza scientifica in favore di un cambiamento climatico antropogenico – (cioè causato dall’uomo e dalle attività umane, n.d.r.) – si è rafforzata di anno in anno, diminuendo le incertezze circa le serie conseguenze di una mancanza di azione, nonostante il permanere di aree caratterizzate da assenza di conoscenza e di incertezze in alcuni temi della climatologia”.

Il rapporto arriva a dire che “è estremamente probabile” che il generale aumento della temperatura metterà a repentaglio la sopravvivenza della specie umana dopo il 2035.  Il documento esprime un’adamantina “certezza” circa la causa dovuta all’uomo del riscaldamento globale. Nel 2007, questa ipotesi era “molto probabile”, nel 2013 diventa praticamente inequivocabile”. 

Eppure, sulla base degli elementi noti del lavoro preparatorio, nonché dallo stesso testo del rapporto, alcuni esperti e osservatori scientifici hanno creduto di cogliere delle novità. Beninteso, il documento conferma la posizione ufficiale che l’aumento delle temperature sul pianeta registrato negli ultimi cinquanta anni sia dovuto all’attività umana e che le recenti ondate di calore e lo scioglimento dei ghiacci artici siano da attribuirsi all’effetto serra. Ma un’analisi più attenta rivela una modifica delle posizioni rispetto ai rapporti precedenti, soprattutto il IV, per quel che riguarda l’aumento della temperatura alla superficie del pianeta:

 

Lungo periodo (secoli)

Breve periodo (70-110 anni)

III Rapporto (2001)

Aumento temperatura

molto probabile

1.4-5.80C

IV Rapporto (2007)

>2,00C probabile

>1,50C molto probabile

1.0-3.00C molto probabile

V Rapporto (2013)

>1,50C probabile

>1.00C molto probabile

0.3-4,80C secondo diversi  scenari possibili

1.0-2,50C probabile   >30C estremamente improbabile

Si tratta di un ridimensionamento graduale e notevole dei valori precedenti, che dovrebbe ridimensionare, ovviamente, anche gli allarmi, dato che il livello di 20C viene in genere considerato come la soglia minima dal punto di vista dell’effetto, con conseguenze negative al di sopra di tale valore e addirittura effetti positivi al  di sotto (miglioramento delle rese agricole, della forestazione, ecc.). In sintesi: il rapporto afferma una maggior certezza del fenomeno, ma ne ridimensiona entro certi limiti l’entità.

Il rapporto non smentisce inoltre il dato, più volte riportato, che da 17 anni non si osserva un aumento della temperatura del pianeta; un dato questo ricordato da posizioni critiche nei riguardi dell’IPCC. Questo sia per raccomandare una maggiore attenzione agli aspetti di ricerca, sia per raccomandare l’osservazione di parametri adatti e ben distribuiti per meglio conoscere questi andamenti della temperatura. L’IPCC non spiega questa sospensione del trend, salvo auspicare l’utilizzo di osservazioni su base trentennale (ma perché?).

In realtà, ad una attenta analisi, il rapporto appare più prudenziale di quanto gli stessi comunicati dell’IPCC affermino; infatti in essi:

- una dichiarazione di riscaldamento “inequivocabile” viene espressa per il fenomeno ma non per le sue cause;

- il riscaldamento della superficie terrestre viene limitato all’emisfero nord;

- si ammette che il clima sia stato più caldo nel periodo che termina 1400 anni fa (l’Ottimo Climatico Medievale);

- si nota l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera e l’assorbimento oceanico di parte della stessa, ma si omettono affermazioni di rapporto diretto fra anidride carbonica di origine antropogenica e riscaldamento planetario.

A nostro avviso, come minimo, il rapporto lascia trasparire la presenza di contraddizioni nella descrizione delle basi fisiche del fenomeno del cambiamento climatico, e in molte sue parti appare difensivo, anche per la valanga di dati che si sforza di produrre. La discrasia tra l’IPCC e i suoi critici, a nostro avviso, pertanto permane e rende necessaria la continuazione del confronto scientifico in merito.

 

L’IPCC questo sconosciuto
Si rende opportuna, a questo punto, una breve descrizione della natura e delle esperienze dell’IPCC. Si tratta di un “foro” internazionale istituito nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), allo scopo di studiare il cambiamento climatico con particolare riferimento al supposto riscaldamento globale. Esso fornisce “rapporti di valutazione” alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (FCCC, 1992) ed al suo strumento di attuazione, il Protocollo di Kyoto (1997). L’IPCC è organizzato su tre gruppi di lavoro:

  1. Basi scientifiche dei cambiamenti climatici.
  2. Impatto sui sistemi naturali e umani, adattamento e vulnerabilità.   
  3. Mitigazione (riduzione delle emissioni dei gas serra).

Non è semplice individuare e discutere in modo adeguato la natura e il funzionamento dell’IPCC. Esso viene talvolta descritto come un organo scientifico consensuale, ma è una posizione difficile da sostenere. L’IPCC non conduce direttamente attività di ricerca o di misura e monitoraggio, ma utilizza per le proprie valutazioni la letteratura scientifica sulla base del fatto che essa è stata accettata per pubblicazione a seguito di revisione paritaria (peer review). Ma, di fatto, non tutti i lavori citati nelle valutazioni sono sottoposti a revisione ed inoltre la revisione successiva, riguardante il testo delle valutazioni stesse, viene affidata a revisori appartenenti allo stesso IPCC e che peraltro non operano in maniera anonima (come è tradizione dei processi di revisione). Viene poi utilizzata molta “letteratura grigia”, con un’origine di divulgazione o informazione e non di rapporti scientifici.

Inoltre, il Panel è specificamente “intergovernativo” (cioè, teoricamente rappresentativo di 195 paesi parti) e di conseguenza i suoi membri vengono nominati esclusivamente dai rispettivi governi, senza un controllo particolare che assicuri che i governi stessi designino membri in possesso di adeguate competenze scientifiche. Il risultato è che non tutti i partecipanti ai lavori sono necessariamente preparati ad alcune delle problematiche loro sottoposte sia per carenze scientifiche, sia perché in possesso di competenze “altre” (compresi i diplomatici e i politici), sia perché vincolati alle direttive dei rispettivi governi. Il Panel è anche, come definizione, “più intergovernativo “dei cosiddetti SBSTA (organi sussidiari tecnico-scientifici) di supporto alla maggior parte delle convenzioni internazionali di questo tipo.

Su queste basi, con particolare riferimento all’accesso ai dati, ai criteri di revisione e per considerazioni di contenuto (tra cui l’uso della modellistica in assenza di dati probanti a sufficienza), l’IPCC è stato vigorosamente

criticato, sia sul piano dell’organizzazione che per alcune affermazioni. Lo stesso IPCC afferma che il V Rapporto ha visto il lavoro di 259 autori e revisori (il numero viene dato senza distinguere le due categorie) provenienti da 39 paesi, con la collaborazione di altri 600 autori (che hanno presentato la bellezza di 54.677 commenti, ma quanti accettati non è dato sapere). Molti critici suggeriscono che la percentuale di membri con insufficienti competenze sia consistente. Il problema del valore consensuale del rapporto rimane aperto.

Dubbi possono essere anche espressi circa la distribuzione per nazione degli esperti del Panel. Prendendo, ad esempio, dal “Riassunto per Decisori Politici” (allegato al rapporto dell’IPCC) la lista unificata degli autori della bozza e degli autori che hanno contribuito con dati o pareri specifici, si riscontra la presenza di: 18 statunitensi, 15 britannici, 6 svizzeri, 6 tedeschi, 5 australiani, 4 francesi, 4 norvegesi, 3 belgi, 2 per Cina, Danimarca, Canada e Nuova Zelanda, e 1 per Austria, Giappone, India, Russia, Cile, Paesi Bassi, Brasile, Argentina e Italia. I paesi sono 21: mettendo in ordine questi paesi in modo da ottenerne il rango, questo rango non appare in accordo con il rango dei paesi che nell’ultimo anno sono stati classificati per le discipline di interesse in base alle pubblicazioni scientifiche e alle citazioni delle stesse. Il rango non appare a in accordo neanche se si introducono correzioni per tener conto delle differenze di popolazione (e quindi del numero di scienziati) dei principali paesi. I dati a questo proposito sono i seguenti:

Rango per produzione scientifica

Paese

Rango per produzione scientifica corretto per popolazione

Rango per numero di autori IPCC

1

USA

9

1

2

Germania

4

4

3

Giappone

12

13

4

Francia

7

6

5

Regno Unit

8

2

6

Russia

17

13

7

Italia

10

13

8

Cina

19

9

9

Svizzera

2

3

10

Spagna

14

 

11

Canada

11

10

12

Paesi Bassi

5

13

13

Sud Corea

16

 

14

Polonia

15

 

15

India

20

13

16

Svezia

3

 

17

Israele

2

 

18

Australia

13

5

19

Brasile

18

13

20

Austria

6

13

 

Norvegia

 

7

 

Belgio

 

8

 

Danimarca

 

10

 

N. Zelanda

 

10

 

Argentina

 

13

 

Cile

 

13

Da questa analisi esemplificativa risultano alcune presenze nazionali privilegiate (tipo il Regno Unito), alcune anomalie (la Svizzera, probabilmente per la presenza di laboratori e organizzazioni internazionali sul suo territorio), alcuni paesi non rappresentati adeguatamene (tipicamente Italia, Spagna, Israele e Giappone). E’ evidente inoltre la scarsa presenza o assenza dei paesi in via di sviluppo (soprattutto asiatici e africani), salvo la limitata presenza dei cosiddetti BRIC e paesi latino-americani.

 

Ghiacciai: si sciolgono o si formano?
La contraddittoria evoluzione dell’IPCC in occasione del V Rapporto coincide con alcune novità scientifiche recenti che appaiono importanti.

  1. Le osservazioni di Petrenko e collaboratori sul manto nevoso della Groenlandia mostrano che i livelli di monossido di carbonio (CO) sono saliti dal 1950 al 1970 per poi scendere progressivamente fino ai giorni nostri. Il CO non è un gas serra, ma compete per l’idrossile con i gas serra.

Sempre in Groenlandia, il Centro di ricerca sul Clima Artico (Università dell’Illinois), a seguito di precedenti dati che mettevano in luce una forte riduzione dei ghiacciai entro il 2008, ha potuto osservare un aumento dei territori ghiacciati fino a livelli di 30 anni fa. 

 I dati sulla temperatura in diversi tempi recenti: le difficoltà nella lettura dei dati è evidente.

L’impressione è che alcuni degli aspetti scientifici del riscaldamento possano essere rimessi in discussione. La domanda sul reale aumento della temperatura è essenziale perché da essa discendono le risposte ad altri interrogativi cruciali:

- Esiste in conseguenza all’aumento della temperatura uno scioglimento dei ghiacci?

- E’ in corso o prevedibile un innalzamento del livello del mare?


Nella figura in alto: l’estensione del ghiaccio artico nel 2013. Nella figura in basso: i dati sembrano indicare che, dopo un minimo nel 2012, nel 2013 la superficie ghiacciata Artica si stia riavvicinando al valore medio del 1961-2010 all’interno della fascia di 2 deviazioni standard.

La dimensione della calotta Antartica sembra da alcuni anni in aumento, per ragioni non chiare.

Un calcolo molto approssimato su queste basi indica che, nei prossimi 100 anni, il livello del mare potrebbe aumentare di circa 0.1 m (se tutto il ghiaccio del pianeta si sciogliesse, si avrebbe un aumento di 60-75 m e sappiamo che in un interglaciale passato, circa 125000 anni orsono – intervallo isotopico 5e per gli esperti – il mare era più alto di 8 m rispetto al livello attuale).

- E’ in corso un peggioramento dei fenomeni meteorologici estremi?

La questione è molto dibattuta: l’IPCC ha indicato delle probabilità diverse per i diversi fenomeni per quel che riguarda l’eventuale impatto del cambiamento climatico sui fenomeni stessi: quasi certo l’aumento delle giornate calde e diminuzione di quelle fredde; piuttosto probabili le ondate di calore e le forti precipitazioni; solo probabile l’aumento della siccità e l’aumento dell’attività dei cicloni tropicali. Lo stesso IPCC ammette però che molti di questi trend non possono essere confermati statisticamente ma assumono valore ipotetico su base modellistica. Gli esempi presentati poi mostrano fenomenologie diverse in diverse aree continentali, sub-continentali e locali. Ancora una volta, solo alcuni cambiamenti meteorologici in alcune zone sembrano collegati al cambiamento climatico; e sono necessari ulteriori studi e monitoraggi attentamente pianificati (ad esempio, nel Mediterraneo).

 

Il problema delle incertezze

Nelle modellazioni sull’evoluzione del clima, assai numerosi sono i parametri da prendere in considerazione e, per farlo, si deve innanzitutto tener conto delle loro incertezze ad ogni livello di analisi. Queste incertezze derivano chiaramente:

- dalla complessità del sistema  clima;

- dalla conseguente difficoltà di modellazione;

- dalla carenza e dalla qualità dei dati relativi a molti dei parametri considerati (in special modo quelli che hanno dato luogo ai fenomeni climatici del passato recente e remoto).

Per trattare queste incertezze è necessario un approccio di tipo probabilistico. Per poter, ad esempio, utilizzare il cosiddetto albero logico (logic tree della letteratura internazionale, vedi figura), il migliore a nostro avviso anche per la sua facile comunicabilità, è necessario classificare le incertezze in due tipologie: aleatorie ed epistemiche (in tabella sono evidenziate le correlazioni con le altre modellazioni), ricordando però che a volte la loro distinzione risulta piuttosto difficoltosa e ciò aggiunge ulteriore incertezza.

Incertezze insite nel calcolo probabilistico della pericolosità sismica

Analogie con le grandezze stocastiche e statistiche

Incertezza epistemica: conoscenza incompleta (mancanza di dati)

 

Errore stimato, intervallo di confidenza o varianza residuale

Incertezza aleatoria: casualità inerente (randomness) della generazione del moto del suolo

Allargamento (spreading) delle variabili random

Correlazioni tra approccio tipo logic tree e altri approcci.

La prima tipologia riguarda quei fenomeni il cui verificarsi è altamente stocastico (cioè non deterministico); ad esempio, nel caso del terremoto, può essere l’accelerazione del suolo a fronte della sua magnitudo, oppure, in meteorologia, la quantità di pioggia a fronte di determinate condizioni meteo.

Le incertezze epistemiche si riferiscono invece alla carenza conoscitiva dei parametri e dei fenomeni (come già sopra indicato). Tale ignoranza si riflette, da una parte, sull’incertezza dei valori dei parametri e, dall’altra, sull’incertezza dei modelli adottati per la descrizione dei fenomeni. 

Albero logico e relativi pesi utilizzati per la valutazione dell’accelerazione massima prodotta da una sorgente sismica, la ZS9 CPTI2 (da: INGV, 2003.  Rapporto conclusivo del Gruppo di Lavoro per la redazione della mappa di pericolosità sismica, Ordinanza PCM 20.03.03. n. 3274, Roma, pp.65 + 5 appendici). 

In questa figura, i diversi rami dell’albero logico costituiscono diverse possibili scelte di indirizzo. A ciascuna di queste scelte viene  attribuito un peso, misura delle incertezze di carattere epistemico associate. Come si può notare, solo per una sorgente sismica si arriva a 16 possibilità. Figuriamoci allora quante possibilità sono insite nella modellazione climatica del futuro.

Sarebbe pertanto interessante analizzare le conclusioni raggiunte dal l’IPPC sulla base dell’approccio del logic tree, in modo da ottenere se possibile ulteriori conferme.

 

Le cause sono tante …
A nostro avviso, un’attenzione va rivolta anche alle possibili cause e concause non-antropiche di cambiamenti climatici post-glaciali:

Motivi astronomici (albedo, planetari, solari, extrasolari)

L’albedo (riflettività della superficie planetaria che aumentando può riflettere luce solare) può avere effetto sul riscaldamento globale. L’albedo può subire l’effetto di varie forzanti radiative: LGHG, ozono atmosferico e troposferico, aerosol diretto, albedo delle nuvole, eruzioni vulcaniche, luce solare, uso del terreno. Dal 1999 al 2003 si è verificato un aumento dell’albedo che ha causato un effetto di raffreddamento globale.

Esistono poi fenomeni planetari e astronomici con cadenza ciclica e possibili effetti sul clima:                   

Motivi geologici (eruzioni)

Nelle maggiori eruzioni esplosive grandi quantità di gas vulcanici, gocce di aerosol e ceneri vengono lanciate nella stratosfera: i gas e in particolare il biossido di zolfo (che si trasforma in acido solforico) ricadendo possono causare raffreddamento globale, mentre l’anidride carbonica (CO2) può causare riscaldamento globale. Raffreddamenti (cosiddetti inverni vulcanici) misurabili fino a quasi un grado centigrado e dalla durata di qualche anno sono stati attribuiti al Pinatubo (1991, 1978), Krakatua (1883), Tambora (1815), Laki (1783-1784) e altri vulcani islandesi, e. Thera/Santorini (1650-1500 a.C.). D’altro canto, il totale della CO2 emessa da tutti i vulcani, compresi quelli sottomarini, appare inferiore al totale delle emissioni antropogeniche.

Motivi biometabolici

Emissioni di metano (gas serra) provengono dall’estrazione a fini energetici (33%), dall’allevamento animale (27%), discariche, combustione di biomassa e biocombustibili, coltivazione del riso, altre sorgenti naturali.

Ruolo degli oceani come stabilizzatore (circolazione termoclina).

 

Elementi storici e protostorici
In tempi storici e protostorici, cambiamenti climatici globali o continentali sono stati registrati dalla storiografia o ricostruiti da analisi scientifiche:         

Data

Evento climatico

Circa 16250 a.C.

 

16000-15000 a.C.

14900-13500 a.C.

Dryas più antico periodo freddo

Oscillazione di Bolling?

Allerod periodo caldo

Dryas più giovane periodo freddo

Per collasso della circolazione termoalina atlantica?

In Europa -70C in 20 anni, in Groenlandia -150C

11000-10000 a.C.

Primo periodo caldo dopo la fine della glaciazione di Wurm

10000-7640 a.C.

Periodo freddo

7640 a.C.

Data teorizzata per l’impatto del meteorite di Tollmann

7000-4000 a.C.

Ottimo Climatico dell’Olocene (HCO)

Oscillazione dell’asse terrestre?

+1-20C

Colonizzazione delle montagne (uomo di Similaun o Oetzi)

Aridificazione del Sahara

4000-1500 a.C.

Periodo freddo in Europa

1500 a.C.

Eruzione del Thera/Santorini

1500-700 a.C.

Periodo caldo dell’Età del Bronzo in Europa

Inizio della Fase Climatica Atlantica

700 a.C. – 700 A.D.

Periodo freddo in Italia o in Europa

Livio: Tevere gelato nel 401 A.D.

Orazio: Tevere gelato nel 23 A.D.

535-536 A.D.

Inverno vulcanico riportato da Procopio

900-1300 A.D.

Ottimo Climatico Medievale

Limitato a Europa e Nord America?

Colonizzazione temporanea della Groenlandia nell’XI secolo

1100-1250 A.D. massima attività solare

1259 A.D. Inverno vulcanico

1278-1299 A.D. grande siccità in Nord America

1338, 1475 A.D.

Freddo anomalo in Europa con passaggio di comete

1500-1850 A.D.

Piccola Età Glaciale

< -10C, Tamigi e canali olandesi gelati

1815 A.D.

Eruzione del Tambora

1816 A.D. l’anno senza estate

1883-1888 A.D.

Inverno vulcanico forse da eruzione o eruzioni islandesi

1991 A.D.

Eruzione del Pinatubo

Sulla scorta di quanto detto, ci sembra che un’analisi dello stato delle conoscenze estesa ad aspetti diversi del quadro climatico confermi che molti problemi sono ancora aperti soprattutto per quel che riguarda il loro peso relativo. Il problema è ancora scomposto in frammenti diversi con risposte non necessariamente o chiaramente collegate. Una cosa è portare avanti l’ipotesi di un cambiamento climatico che comporti un riscaldamento del pianeta, cosa peraltro già avvenuta in passati, un’altra affermare la sua eventuale natura antropogenica, un’altra ancora ipotizzare gli effetti di tale cambiamento. Adattamento e mitigazione dipendono a loro volta da questi aspetti. Le posizioni preconcette possono rendere difficile una corretta valutazione. Un approccio meno ideologico, fondato su ricerca, innovazione e prove sul campo potrebbe indicare soluzioni più applicabili e realistiche.

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