Tags: Energia, Sicilia, Calabria

L’ELETTRODOTTO CALABRIA SICILIA

Il Pilone in Gabbia

di: Beniamino Bonardi
L’infinita storia dell’elettrodotto tra Calabria e Sicilia finisce in tribunale, comitati cittadini nascono sotto i piloni della discordia che si spostano da un comune all’altro, il M5S cavalca la protesta ma ammette che la sindrome di Nimby la fa da padrona. E il presidente dell’Antitrust alza il velo: ecco chi ci guadagna.


Il giorno di San Valentino l’amministratore delegato di Terna, Matteo Del Fante, ha garantito che l’elettrodotto a 380 kV tra Calabria e Sicilia, in costruzione da oltre cinque anni, sarà finito entro il 2016. Intanto, il 23 febbraio, al Tribunale di Messina, è iniziato il processo contro dirigenti della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina, di Terna e di una società esecutrice dei lavori, accusati di aver alterato le bellezze di un’area sottoposta a speciale protezione dal Piano Paesaggistico Ambito 9 della Regione Siciliana. Il fatto si riferisce alla posa di uno dei piloni dell’elettrodotto, intorno a cui si è concentrata la protesta, il n. 40. Gli imputati rischiano da uno a quattro anni di carcere e il tribunale potrebbe ordinare l’eliminazione del traliccio e la riduzione in pristino dei luoghi. Gli oppositori all’elettrodotto, infatti, sostengono che con l’approvazione del Piano Paesaggistico le autorizzazioni concesse precedentemente avrebbero dovuto essere revocate. Il pilone n. 40, realizzato nel Comune di Saponara (ME), era stato sequestrato dal Tribunale di Messina l’11 febbraio 2015, in seguito a una denuncia presentata dall’Associazione Mediterranea per la Natura (MAN), ed era stato poi dissequestrato il 28 luglio. Ora c’è il processo.

La vicenda di questo elettrodotto si trascina da oltre nove anni, tra ricorsi al Tar, denunce e proteste. L’elettrodotto collega Rizzìconi (Reggio Calabria) con Sorgente (Messina): in Calabria sono previsti 39,6 km di elettrodotto aereo e tre km di cavi in galleria; 38 km di cavi sottomarini attraversano il Tirreno, per evitare le correnti dello Stretto di Messina; in Sicilia sono previsti due km di cavi interrati e 20,5 km di elettrodotto aereo.

Il progetto viene presentato da Terna nel dicembre 2006. Nei successivi tre anni vengono svolte le Conferenze di servizi con gli enti locali e gli elettrodotti aerei vengono sottoposti a procedura di valutazione ambientale: “Oltre 100 incontri e sopralluoghi con tutti gli enti interessati”, puntualizza Terna. Nel luglio 2010, l’opera viene autorizzata con un decreto del ministero dello Sviluppo economico, di concerto con quello dell’Ambiente. Il completamento dei lavori viene indicato nel giugno 2015 ma si rivelerà una chimera.

Con i lavori, partono le proteste. Associazioni e comitati messinesi accusano i politici locali di aver svenduto i loro paesi e di rappresentare la base di un castello di irresponsabilità, che ha consentito la concessione di tutte le autorizzazioni necessarie, dando poi il via a uno scaricabarile senza fine. Alcuni comuni fanno ricorso al Tar. Attorno ai piloni della discordia si costituiscono comitati cittadini, il M5S decide di cavalcare la protesta, chiedendo l’interramento in galleria dell’elettrodotto, ma, come ammette il deputato messinese Francesco D’Uva, si tratta di una “mobilitazione di chi ha l'elettrodotto sulla propria testa; basta spostarsi di qualche chilometro e l'interesse diventa superficiale, il sostegno assente”.

E infatti, tutti sembrano muoversi in ordine sparso, preoccupati solo del proprio pilone. Esemplare il caso del comune di Roccavaldina, beneficiato da una variante approvata dal ministero dell’Ambiente, che fa spostare un pilone accusato di passare troppo vicino al centro abitato, in particolare in prossimità di un convento di frati Cappuccini. Il risultato è che bisogna spostare anche un altro pilone a Venetico Superiore, che si trova sulla collina di fronte a Roccavaldina. Il pilone di Venetico Superiore, che nel progetto originario doveva passare dietro una collina, che ne avrebbe oscurato la vista, ora si trova posizionato vicino al centro abitato. Spostato il problema, si sposta anche la protesta, che ora si concentra sul nuovo pilone, il n. 24, di Venetico Superiore.

Uno dei leader della protesta è Don Giuseppe Trifirò, 74 anni, che nel 1995 divenne assessore all' Urbanistica e ai servizi sociali di San Filippo del Mela, dove era parroco nella frazione di Archi. Anni prima, nel 1989, il sacerdote aveva guidato la protesta contro il progetto dell'Enel di trasformare a carbone la centrale termoelettrica che sorgeva proprio ad Archi, fino ad organizzare, in occasione delle elezioni europee, la riconsegna di 800 certificati elettorali dei suoi concittadini, che poi spedì al presidente della Repubblica. Iniziativa replicata nel 2013, quando ha invitato i parrocchiani a non andare a votare, per protesta contro l’elettrodotto. Invito non accolto, visto che alle elezioni amministrative del 2013 a San Filippo del Mela ha votato il 75,59% degli aventi diritto, contro il 79,57 delle precedenti consultazioni.

Il 2013 è l’anno in cui interviene anche la Regione Sicilia. L’11 gennaio, l’Assessore al territorio e all’ambiente invita ufficialmente Terna a sospendere immediatamente i lavori tra Sorgente e Villafranca. Il 6 marzo, l’Assemblea regionale siciliana approva una mozione, che chiede la modifica del tracciato dell’elettrodotto in considerazione della “estrema vicinanza alla popolazione residente, un comprensorio di oltre 55.000 abitanti: Milazzo, San Filippo del Mela, Pace del Mela, Santa Lucia del Mela, Condrò, San Pier Niceto, Gualtieri Sicaminò”.

A questo punto interviene il presidente dell’Antitrust (Autorità garante per la concorrenza e il mercato), Giovanni Pitruzzella, che Il 12 aprile invia una lettera al presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, in cui indica le possibili conseguenze della mancata o ritardata realizzazione dell’elettrodotto, necessario per far fronte alle criticità del sistema elettrico dell’isola, “complessivamente molto fragile, esposto a situazioni di carenza di offerta e di scarsa qualità del servizio, che rende l’attività di bilanciamento delle rete molto complicata”.

Il presidente dell’Antitrust, pur non contestando la legittimità delle iniziative della Regione Sicilia, mette nero su bianco come ci sia chi ci guadagna dalla mancata realizzazione dell’elettrodotto. Infatti, mantenere separato il mercato elettrico siciliano da quello del resto dell’Italia continentale, a causa della scarsa capacità di interconnessione, “tende a preservare il potere di mercato degli operatori che dispongono di capacità di generazione sull’isola”, scrive Pitruzzella, dato che la realizzazione dell’elettrodotto “avrà l’effetto di ridurre il potere di mercato degli operatori presenti nell’isola, consentendo la convergenza tra i prezzi siciliani e quelli continentali con un beneficio netto sui prezzi dell’energia pagati da tutti i consumatori italiani”.

Fatti due calcoli, il presidente dell’Antitrust spiega che, senza elettrodotto, nel 2012 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica siciliana è risultato in media superiore a quello medio nazionale (Prezzo Unico Nazionale, PUN) del 26%, considerando tutte le ore, e del 42% se si considerano soltanto le ore di picco della domanda. Se ci fosse stato l’elettrodotto e il prezzo zonale siciliano dell’elettricità fosse stato pari a quello nazionale, il risparmio per l’intero sistema elettrico nazionale sarebbe stato di circa 480 milioni di euro, equivalente, in termini di risparmio sul PUN pagato da tutti i consumatori elettrici italiani, a circa 1,8 euro per MWh.

Ora, con l’avvio del processo sul posizionamento del pilone n. 40, si rischia un nuovo stop e il permanere del pagamento, da parte dei consumatori del resto d’Italia, delle disfunzioni della rete elettrica siciliana. Una via d’uscita, però, ci sarebbe ed è quella indicata dal presidente dell’Antitrust, quando ha ammonito il presidente della Regione Sicilia e quello dell’Assemblea regionale, affermando che “ulteriori iniziative assunte dalle istituzioni regionali al fine di ritardare la realizzazione dell’opera rappresentano un ostacolo frapposto alla risoluzione di una problematica concorrenziale (a voler prescindere dai pur importanti temi di sicurezza del sistema elettrico), che attualmente grava sui costi dell’energia pagata dalle imprese e dalle famiglie di tutta la nazione”.

In caso di azioni tendenti a determinare ulteriori ritardi, secondo il presidente dell’Antitrust, “apparirebbe particolarmente attuale” la proposta contenuta nel documento del governo sulla “Strategia energetica nazionale” sull’opportunità di rivedere l’attuale sistema di definizione del prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso, che attraverso il Prezzo Unico Nazionale (PUN) “socializza sulla media nazionale i costi delle congestioni derivanti dalle situazioni di carenze delle infrastrutture di rete (come avviene tra la Sicilia ed il Continente)”. 

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