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ALL’ILVA DI TARANTO

Esproprio con la scusa dell’ambiente

di: F. M.
Il governo prova a commissariare l’ILVA per tre anni usando come commissario l’amministratore delegato Bondi. Sarà la soluzione o l’ennesimo fallimento? I fattori in campo sono molteplici. Sullo sfondo un dibattito ideologico poco trasparente.


 

“Quando il pensiero scientifico viene impiegato,
diventa possibile frenare le fazioni e aumentare
la concordia … spianando le differenze e mirando …
alle necessità reali e un vantaggio condiviso”
(Archita di Taranto, IV secolo a.C.)

Il 4 giugno scorso, il Governo ha deliberato il commissariamento straordinario dell’Ilva, ai sensi dell’art. 1 del decreto legge 03/12/2012, n. 207, convertito dalla legge 24 12 2012, n. 231, (la legge per l’ILVA) “per bonificare gli impianti e assicurarne il ciclo produttivo”, per un periodo di 12 mesi rinnovabili per altri 24 mesi. In particolare, il commissario, assistito da 2 sub-commissari e da 5 “esperti” nella tutela della salute e dell’ambiente, “non risponde delle eventuali diseconomie dei risultati” (comma 10 dell’art. 1), mentre “il giudice competente provvede allo svincolo delle somme per le quali in sede penale sia stato disposto il sequestro”. Infine, viene nominato commissario straordinario dell’ILVA, i cui impianti vengono riconosciuti “stabilimenti di interesse strategico nazionale”, Enrico Bondi.

Fino a questa nomina Bondi era amministratore delegato dell’ILVA SpA per conto della famiglia Riva. E’ innegabile che la sua nomina sia legata all’esigenza di mantenere in produzione la fabbrica. Per questo è stata accolta in maniera critica dai Verdi di Taranto, politici ed associazioni. Le dichiarazioni di altri attori, tra cui il Ministro dello sviluppo economico Zanonato, sembrano far intravvedere una linea prudente che vuole assicurare il funzionamento della fabbrica nel rispetto dell’ambiente e della salute, cercando di evitare altri scontri con la magistratura e considerando il commissariamento come male minore rispetto alla nazionalizzazione dell’ILVA che è il vero obiettivo di parte della magistratura e di alcuni politici.

Sullo sfondo, si è riaperto un vecchio dibattito sulla tesi che il ciclo privatistico e produttivistico sia definitivamente fallito e che, nel caso dell’ILVA, debba essere sostituito, mediante un esproprio, da un ciclo ecologico e operaista proletario o, forse, pauperistico.

Per parte nostra, comprendiamo le ragioni della prudenza ma riteniamo grave che queste questioni non siano poste al centro del dibattito pubblico in modo trasparente e serio. Tutte le parti in causa devono assumere la responsabilità delle proprie azioni ed opinioni. L’ambiente in tutto questo non c’entra e non deve essere usato strumentalmente per coprire vecchie e nuove posizioni ideologiche. Trovare soluzioni verso la sostenibilità in vista dell’interesse comune è cosa ben diversa dall’utilizzare catastrofismi a caccia di consensi. La salvaguardia dell’ambiente e della salute senza rinunciare a lavoro, produzione, innovazione e benessere è obiettivo molto difficile per il sovrapporsi dei problemi. Non può essere risolto a colpi di sentenze. 

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