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NUMERI DELLE PROVINCE E MANCATE RIFORME

Il gioco dei 35 cantoni

di: Vittoria Grimaldi


Dopo aver giocato con diverse ipotesi, il governo ha partorito il decreto sulla diminuzione del numero delle province nelle regioni ordinarie, con qualche cambiamento rispetto al testo originale. Non è stato un colpo da maestri: la soluzione appare come un compromesso che sfuma nel pateracchio.

Niente abolizione delle province, niente esplorazione della alternativa tra regioni e province (come da molti suggerito fin dai tempi dello studio della Fondazione Agnelli). Ma un banale, molto poco tecnico, tentativo di compromesso numerico, di sapore vagamente “cencelliano”: il numero delle province viene diminuito da 86 a 51, mediante cancellazioni e accorpamenti, con l’eliminazione di 35 province. Per le regioni a statuto speciale se ne parlerà, in teoria. fra sei mesi.

Quel che è peggio è che l’operazione rassomiglia tanto a un taglio lineare, nel senso che viene eliminato un numero di province corrispondente a quanto reso necessario per restare nei limiti delle disponibilità di bilancio. Il taglio viene ottenuto sulla base di criteri definiti appositamente per ottenere un tale obiettivo: un numero di sbarramento (non meno di 350.000 abitanti per provincia) e un requisito minimo di estensione territoriale (almeno 2.500 chilometri quadrati). Ma ci sono state diverse eccezioni e casi particolari:

- per “preservare la specificità … (delle province) il cui territorio è integralmente montano”, sono state risparmiate Sondrio e Belluno che non raggiungevano i criteri sopra indicati;

- questa eccezione non è stata però applicata ad Avellino, a Campobasso e Isernia, e neanche a L’Aquila, che evidentemente non sono state considerate abbastanza di montagna.

Eppure, ecco le altitudini delle città capoluogo:

Avellino                      348 m

Belluno                      383 m

Campobasso             701 m

Isernia                       423 m

L’Aquila                      714 m

Sondrio                     307 m

Certo, i territori sono diversi, ma su L’Aquila e Isernia ci sarebbe proprio da discutere. Per la verità, anche altri capoluoghi superano Belluno per l’altitudine:

Perugia                      493 m

Potenza                     819 m

Rieti                           406 m

Un collega amante dei monti (quelli con le cime, si intende) mi ha dato questa spiegazione: tutti i montanari sono uguali, ma gli alpini sono più montanari degli altri. Quanto alla Valle d’Aosta, quando verrà il turno – se verrà – delle regioni a statuto speciale, niente paura, in quanto montagna si salverà (Aosta: 583 m): “ca cousta lon ca cousta, viva l’Aousta”.

Sono state poi graziate: 

- Arezzo, che proprio di montagna non è (246 m), ma pare che in extremis abbia superato il numero necessario di abitanti;

- La Spezia, per esplicita richiesta della Regione Liguria che giudica inopportuna una sua confluenza nella provincia di Genova.

Tecnicamente poi, è previsto che alcune province lasciate in vita siano corrispondenti alle - da decenni previste - città metropolitane (talvolta ingrandite con apporti da altre province); nelle regioni ordinarie: Milano, Torino, Genova, Bologna, Venezia, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria, più ovviamente Roma Capitale.

Ci sono altre discrasie. Tre regioni si ritrovano con una sola provincia: Umbria con Perugia-Terni, Molise con Campobasso-Isernia, Basilicata con Potenza-Matera. In Umbria già si dice: “ad una città il capoluogo di regione, all’altra il capoluogo di provincia”. Ci sono poi due neo province “con forma a salame”, ossia lunghe e strette, non l’ideale sul piano logistico: il molto commentato caso di Massa-Carrara-Lucca-Pisa-Livorno (accorpamento di 4 province) e il molto meno noto Viterbo-Rieti, ove in pratica per andare da una parte all’altra di passa per Roma. Nessuno si è ricordato che, all’origine, Viterbo (con Frosinone, mentre Latina ancora non esisteva) faceva parte della provincia di Roma, e Rieti stava con l’Umbria.

Questo ci porta ad una notazione generale. I criteri impiegati sono stati freddi - con eccezioni non chiare, come abbiamo visto - ma è proprio questo il punto: non sono state cancellate solo alcune province, ma sono state disattese le loro storie, economie, logistiche, antropologie, specificità. E poi la richiesta generale era quella di abolire le province - non di salvare quelle di montagna – o comunque di eliminare un livello burocratico intermedio. Così non è stato.

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