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STORIA E DESTINO DEL CENTRO SIDERURGICO PUGLIESE

ILVA, l’ultimo impianto

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di: Maria Belvisi
Che cosa è l’ILVA? Com’è fatto l’impianto? Che cosa produce? A quali controlli è stata sottoposta? Nell’inchiesta di Maria Belvisi sono descritti in sintesi i cicli produttivi presenti nello stabilimento siderurgico, l’evoluzione della normativa ambientale riguardante le attività industriali, il tipo di autorizzazioni ambientali ottenute dallo stabilimento.


 

L'ILVA/Italsider è stata una delle maggiori aziende siderurgiche italiane del XX secolo. L’impianto per la lavorazione dell’acciacio, situato a Taranto, è il più grande d’Europa e fra i più grandi del mondo. L'ILVA è nata sulle ceneri della dismessa Italsider con il nome della originaria azienda fondata nel 1905.

La costruzione dello stabilimento inizia nel 1961, come Quarto Centro Siderurgico, nell’ambito della strategia di crescita delle Partecipazioni Statali con il nome di Italsider.

L’avvio del primo altoforno è dell’ottobre 1964 e nel 1965 viene inaugurato il centro siderurgico di Taranto. Nel 1988 prende il nome di ILVA.

Il 1° maggio 1995, il Gruppo Riva, che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell'acciaio, acquisisce il controllo delle società del Gruppo ILVA e quindi dello stabilimento di Taranto.

L’impianto in pillole

Lo stabilimento ILVA è situato nell’area industriale occidentale di Taranto e ricade nei comuni di Taranto (con circa 10.450.000 m2) e di Statte (con circa 5.000.000 m2), per una superficie complessiva di circa 15.450.000 m2. L’ILVA ha inoltre in concessione aree demaniali per complessivi 931.000 m2, sulle quali sono ubicati i moli e alcune aree antistanti gli stessi.

L’ILVA di Taranto è un’industria siderurgica, detta a ciclo integrale in quanto utilizza le materie prime nel loro stato naturale (principalmente minerali di ferro e carboni fossili) per arrivare, attraverso un complesso sistema di impianti, trasformazioni chimico-fisiche e lavorazioni, ad ottenere l’acciaio, lega metallica composta da ferro e piccole percentuali variabili  di carbonio.


Materie prime dell'ILVA (da: ilvataranto.com)

Le materie prime (Fascicoli: R.G.N.R. N. 938/10 - 4868/10 G.I.P. N. 5488/10 - 5821/10 Tribunale di Taranto, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, Perizia epidemiologica), una volte giunte al porto, vengono inviate mediante nastri trasportatori ai parchi minerali. Successivamente, dopo lo stoccaggio, i minerali di ferro e il carbone, prima di essere processati dagli altiforni, vengono destinati ad impianti di preparazione che attraverso opportuni passaggi di miscelazione, riscaldamento e parziale combustione rendono tali materiali adeguati alle caratteristiche degli altiforni. Il carbone viene trasformato in coke attraverso il processo di cokefazione. Nell’altoforno avviene la trasformazione dei minerali di ferro e del carbon coke in ghisa. Il processo che porta alla formazione dell’acciaio, materiale più malleabile e tenace, avviene nelle acciaieria attraverso l’affinazione (soffiaggio di ossigeno ad alta pressione) della ghisa.

Attraverso la colata continua, l’acciaio liquido prodotto in un forno convertitore è trasformato in semilavorati d’acciaio che, opportunamente tagliati, vengono inviati alla laminazione che la trasforma in coils o in lamiere.

Più nel dettaglio, la produzione di acciaio (Allegato 1377/2011 Parere Stabilimento ILVA di Taranto della Commissione Istruttoria IPPC (DVA-DEC-2011 0000450 del 4/8/2011) è realizzata attraverso i seguenti cicli produttivi principali di cui si fornisce una breve discussione (http://www.ilvataranto.com/stabilimento_ilva.aspx):

Cokeria
La produzione di coke metallurgico per l’altoforno viene realizzata in batterie di forni a coke. I carboni vengono ripresi ed inviati, dopo frantumazione, a mezzo nastri trasportatori, al processo di cokefazione. La cokefazione avviene in forni che vengono riempiti con la miscela di carbon fossile da distillare. Durante il processo di distillazione del carbon fossile nelle batterie di forni a coke si sviluppa il gas di cokeria grezzo che viene inviato al sistema di trattamento. Tale gas, principalmente costituito da idrogeno, metano, ossido di carbonio, biossido di carbonio, azoto, ossigeno, idrocarburi, ammoniaca e idrogeno solforato, dopo il trattamento viene utilizzato come combustibile di recupero nelle varie utenze termiche di stabilimento.

Impianto di agglomerazione
L’attività consiste nella trasformazione di minerali di ferro in spugna di ferro ed è svolta nell'area ghisa.

Altoforno
Nel processo dell’altoforno minerali di ferro ed agenti riducenti sono trasformati in ghisa e loppa (prodotto di scarto dell’altoforno) e gas. La ghisa fusa viene trasportata in acciaieria dove avviene la trasformazione in acciaio. La loppa viene rivenduta ai cementifici.


Immagine dell'Altoforno dell'ILVA (da: ilvataranto.com)

Acciaieria
L’area Acciaio è composta da due acciaierie. La ghisa allo stato fuso prodotta dagli altiforni viene trasportata, a mezzo ferrovia, alle acciaierie per la relativa trasformazione in acciaio. La ghisa viene sottoposta ad un processo di desolforazione, per la eliminazione delle impurezze di zolfo contenute nel bagno metallico fuso. L'acciaio allo stato fuso, prima di essere avviato agli impianti di colata continua, può essere sottoposto a dei trattamenti quali decarburazione, deidrogenazione, denitrurazione, desolforazione e globulizzazione messa a punto termica e messa a punto analitica del bagno metallico fuso al fine di migliorarne le caratteristiche qualitative in funzione dei diversi campi di utilizzo. L'acciaio viene inviato agli impianti di colata continua per la relativa solidificazione e la trasformazione in bramme. La bramma prodotta viene, quindi, sottoposta ad operazione di taglio per ottenere le dimensione volute dai treni nastro o dal treno lamiere.

Produzione laminati piani
L’Area prodotti a freddo è costituita da una serie di impianti per la fabbricazione dei prodotti finiti destinati all’utilizzo da parte dell’industria manifatturiera (settore automobilistico, elettrodomestici, ecc). L’Area produzione lamiere è composta da una unità produttiva che trasforma il materiale in ingresso (la brama) in un semi lavorato chiamato placca attraverso un processo di laminazione. L’Area Nastri è composta da due impianti di produzione dove la bramma prodotta dalla colata continua viene trasformata in nastro avvolto (coils) attraverso un processo di deformazione a caldo chiamato laminazione.

Produzione tubi
L’Area Tubifici è composta da tre impianti di tubificazione. I tubi prodotti possono essere sottoposti a operazioni di rivestimento interno e/o esterno in relazione a necessità specifiche dettate dall’applicazione per la quale i tubi stessi sono realizzati.

Lo stabilimento è dotato, inoltre, di un impianto marittimo dedicato prevalentemente allo sbarco dalle navi delle materie prime (fossili e minerali) ed all'imbarco e sbarco di sottoprodotti (loppa, ghisa in pani, bricchette, ferroleghe e catrame) e di una area parchi preposta alla movimentazione delle materie prime provenienti dal porto e dirette verso l'area di deposito da cui ripartono per l'alimento degli impianti di trasformazione dell'area ghisa (altiforni, agglomerati e cokerie). Le materie prime sono approvvigionate a mezzo di navi e da questi, a mezzo di scaricatori sono convogliati sui nastri trasportatori che confluiscono all'interno dello Stabilimento. Attraverso nastri e torri di giunzione i materiali sono movimentati verso i parchi di deposito

L'attività principale dell'area Cave è la produzione di calcare e di calce ed è formata da quattro unità produttive. Il ciclo produttivo comprende l'estrazione del materiale dalla cava Mater Gratiae, il quale viene frantumato e vagliato.

Alle attività di produzione sono associate altre di servizio, costituite principalmente dalle attività portuali, la produzione di calcare, calce, attività di officina, la produzione di gas tecnici, lo smaltimento rifiuti in discariche, ecc.

La produzione di energia elettrica e vapore, attraverso l’utilizzo anche dei gas di recupero siderurgici (gas di cokeria, gas di altoforno, gas di acciaieria), è realizzata dalla Centrale della Società EDISON che insiste in un’area contigua a quella dello stabilimento siderurgico ILVA.

Si riassumono, in estrema sintesi, le principali emissioni e scarichi prodotti dall’impianto in esercizio (nelle diverse aree produttive) prese in considerazione nel parere della Commissione IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control - Prevenzione e Riduzione integrate dell’Inquinamento) in merito al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA):

Le principali autorizzazioni ambientali dell’ILVA
Nel 1961, data di inizio realizzazione impianto, la politica ambientale in Italia era ancora agli albori. La messa in opera di un quadro organico delle autorizzazioni ambientali per l’esercizio degli impianti e i relativi controlli agli scarichi piuttosto che alle emissioni è stato un cammino lungo ed a volte tortuoso anche legato alla politica ambientale della Unione Europea.

Alla nascita dell’ILVA, entrata in esercizio nel 1965, non esisteva in Italia (ma neanche nel mondo) un contesto legislativo ambientale che potesse analizzare e valutare preventivamente l’impatto ambientale di una opera così complessa (si ricorda che la Valutazione dell’Impatto Ambientale – VIA- nasce negli Stati uniti nel 1969) o quanto meno un quadro preventivo autorizzativo delle emissioni o scarichi effettuati sul’ambiente circostante.

Si può affermare che una vera e propria politica ambientale in Italia nasce solo nel 1986 con la istituzione del Ministero dell’ambiente (1), la contestuale introduzione tra l’altro della VIA e delle norme in materia di danno ambientale, nonché la definizione di aree ad elevato rischio di crisi ambientale (2).

Dal 1986 il Ministro dell'ambiente poteva disporre verifiche tecniche sullo stato di inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo e sullo stato di conservazione di ambienti naturali avvalendosi per la vigilanza, la prevenzione e la repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, del nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri (posto alla dipendenza funzionale del Ministro dell'ambiente) nonché del Corpo forestale dello Stato, con particolare riguardo alla tutela del patrimonio naturalistico nazionale, degli appositi reparti della Guardia di finanza e delle forze di polizia, e delle capitanerie di porto.

Dal 1994 (3) ad oggi con la riorganizzazione del sistema dei controlli ambientali e la istituzione delle Agenzie di Protezione dell’Ambiente Regionali/Provinciali (ARPA/APPA), a seguito del referendum del 1993 promosso dagli Amici della Terra, le competenze ambientali di vigilanza e controllo, esercitate prima dai Presidi multizonali di prevenzione (PMP) del Sistema Sanitario Nazionale, sono attribuite alle ARPA/APPA.

Altra tappa fondamentale ai fini della razionalizzazione della legislazione ambientale è la emanazione del c.d. Codice dell’Ambiente (4) o Testo unico Ambientale avvenuta nel 2006 (successivamente modificato a più riprese) che, operando un generale riordino della normativa, ha uniformato e razionalizzato le norme per le valutazioni ambientali (Valutazione d'Impatto Ambientale - VIA, Valutazione Ambientale Strategica - VAS e Autorizzazione Integrata Ambientale -AIA), quelle sulla difesa del suolo e per la tutela delle acque dall'inquinamento, per la gestione delle risorse idriche, sulla gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico e quella in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

Il quadro e la evoluzione delle autorizzazioni ambientali (tralasciando quindi quelle di tipo edilizio, licenze, concessioni (5) rilasciate dal Comune), applicabili allo stabilimento ILVA, vigenti dall’atto dell’avvio dell’impianto nel 1965 ad oggi si può così riassumere:

In tema di inquinamento atmosferico, il primo provvedimento è del 1966 (5) con relativo regolamento (6), successivo all’avvio dell’impianto nel 1965, con la legge che regolamenta “l'esercizio di impianti termici, …., nonché l'esercizio di impianti industriali e …, che diano luogo ad  emissione in atmosfera di fumi, polveri, gas e odori di qualsiasi tipo atti ad alterare le normali condizioni  di salubrità dell'aria e di costituire pertanto pregiudizio diretto o indiretto alla salute dei cittadini e danno  ai beni pubblici o privati”. La stessa legge stabiliva che tutti gli stabilimenti industriali, oltre agli obblighi loro derivanti dalla classificazione come lavorazioni insalubri o pericolose (7), dovessero possedere impianti, installazioni o dispositivi tali da contenere entro i più ristretti limiti consentito dal progresso della tecnica la emissione di fumi o gas o polveri o esalazioni che, oltre a costituire comunque, pericolo per la salute pubblica, potevano contribuire all'inquinamento atmosferico. La vigilanza sugli stabilimenti industriali ai fini dell'inquinamento atmosferico veniva affidata ai Comuni e alle Province. Nella elaborazione dei piani regolatori comunali, intercomunali o interprovinciali, doveva  essere tenuta in particolare considerazione la ubicazione delle zone o distretti industriali rispetto alle zone  residenziali, tenendo nel dovuto conto il comportamento dei fattori meteorologici.

A seguire sempre sull’inquinamento atmosferico, nel 1983 (8) venivano fissati limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni, i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno ed i relativi metodi di prelievo e di analisi al fine della tutela igienico-sanitaria delle persone o comunità esposte. Successivamente nel 1988 un altro decreto (9) (aggiornato nel 2002 (10) con apposite linee guida nel 1990 (11) ha dettato norme per la tutela della qualità dell'aria ai fini della protezione della salute e dell'ambiente su tutto il territorio nazionale per tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell'atmosfera, le caratteristiche merceologiche dei combustibili ed il loro impiego, i valori limite ed i valori guida per gli inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno, i limiti delle emissioni inquinanti ed i relativi metodi di campionamento, analisi e valutazione. Il decreto stabiliva che gli impianti esistenti dovessero presentare domanda di autorizzazione alla regione o alla provincia autonoma competente, corredata da una relazione tecnica contenente la descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, nonché un progetto di adeguamento delle emissioni redatto sulla base di alcuni parametri indicati.

L’ILVA, come risulta dalla documentazione presentata in sede di AIA, ha ottenuto, da parte della Regione Puglia, autorizzazioni, con prescrizioni, per le emissioni in atmosfera da parte di determinate aree produttive (per il 2003-2007). Purtroppo, non è stato possibile reperire informazioni, neanche tramite web, antecedenti tale data. Inoltre i dati dell’ILVA relativi alle emissioni sono riportati all’interno dei registri INES e PRTR (Pollutant Release and Transfer Register).

La prima legge sull'inquinamento idrico, risale al 1976 (13) (c.d legge Merli) vigente fino al 1999. La legge, tra l’atro, disciplinava gli scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti ed indiretti, in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, sia pubbliche che private, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo, formula criteri generali per l'utilizzazione e lo scarico delle acque in materia di insediamenti. In tutto il territorio nazionale veniva stabilita un'unica disciplina degli scarichi, basata sulla prescrizione di limiti di accettabilità previsti in distinte tabelle in funzione del corpo ricettore (A-nei corpi idrici e C - nella pubblica fognatura).  

Nel 1999, il Testo Unico sulla qualità delle acque (14) (successivamente modificato nel 2000 (15)), rinnovava radicalmente la materia, abolendo la legge Merli ed una serie di leggi collegate, introducendo una nuova normativa più al passo coi tempi e con gli obblighi imposti dalla Unione Europea. Il decreto definiva una disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, perseguendo obiettivi quali la prevenzione e riduzione dell'inquinamento e l’attuazione del risanamento dei corpi idrici inquinati, il conseguimento del miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi e degli usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili nonché il mantenimento della capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici, e la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Un apposito titolo (il III) regolamentava la Tutela dei corpi idrici e gli scarichi. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici rispettando comunque i valori limite di emissione.

Va segnalato che nel 2006 il decreto sopra menzionato è stato abrogato dal testo unico ambientale il  cui il titolo III della parte III oggi disciplina la Tutela dei corpi idrici e gli scarichi (oggetto comunque di successive modifiche (16)

Sempre dalla documentazione prodotta dall’l’ILVA in sede di AIA, risulta che ha ottenuto da parte della Provincia di Taranto le autorizzazioni, con prescrizioni,  per i singoli scarichi idrici di determinate aree produttive dal 2004 (ai sensi del Decreto legislativo 152/1999 e successive integrazioni) al 2006 (ai sensi del Codice dell’Ambiente). Non è stato possibile reperire informazioni, tramite web, antecedenti tale data.

In merito alle derivazioni d’acqua disciplinate da alcune leggi (17) l’ILVA ha ricevuto da parte della Capitaneria di porto, dall’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia Lucania ed Irpinia nel 1991, dal Ministero dei Lavori Pubblici dalla Regione e dalla provincia fin dal 1994, nel 2001, 2003 e 2007 autorizzazioni in merito.  

In materia di rifiuti, il primo provvedimento è del 1982 (18) - se si esclude una legge del 1941 (19) sui rifiuti solidi urbani - relativo allo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi che disponeva una autorizzazione legata ad ogni fase dello smaltimento per la raccolta ed il trasporto, lo stoccaggio provvisorio, il trattamento e lo stoccaggio definitivo in discarica controllata. Successivamente, il provvedimento viene sostituito dal decreto Ronchi, nel 1997, in attuazione di direttive comunitarie, che disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.

In materia di gestione dei rifiuti, in particolare riguardo alle discariche, la situazione è la seguente (21, 22, 23): l’ILVA ha sottoposto a VIA nazionale (essendo la valutazione di impatto ambientale nel 1986 nel frattempo stata introdotta nell’ordinamento italiano) il progetto delle discariche 2B e 2 C per rifiuti tossici e nocivi (di competenza allora nazionale) in località Statte all’interno dell’area industriale in un area dismessa denominata Cava Mater Graziae ottenendo parere positivo con prescrizioni nel 1995 e ottenuto autorizzazione, con prescrizioni, all’esercizio di un primo lotto (2B) nel 2001 da parte del Commissario delegato per l’emergenza ambientale della Regione Puglia (24) nominato a seguito dell’ordinanza del Ministero dell’Interno (25).

In data 1998 sono state  autorizzate dalla Provincia la realizzazione di una Discarica ex 2^ categoria di tipo “B Speciale” e una  ex 2^ categoria di tipo “C” in area Cava Mater Gratiae con successive proroghe. L’ILVA ha ottenuto nel 2005 autorizzazione all’esercizio dello stoccaggio provvisorio dei rifiuti pericolosi e speciali non pericolosi e risulta in corso l’autorizzazione ad esercire attività di recupero, richiesta nel 2006, da parte della Provincia e Regione.  In data 2004, sempre l’ILVA, ha richiesto l’istanza di compatibilità ambientale alla Regione per la costruzione di una nuova discarica per rifiuti speciali non pericolosi nella medesima area ricevendo parere positivo con prescrizioni nel 2010. Nel 2005 è stata approvata la Discarica ex 2^ categoria di tipo “C” denominata “Nuove Vasche”.

Da ultimo va segnalato che di recente (26), alla luce degli esiti della Conferenza dei Servizi per il rilascio dell’AIA, l’ILVA (27) ha integrato la domanda presentata in data 28 febbraio 2011 con la documentazione necessaria alla istruttoria per le discariche dello stabilimento al fine di giungere alla seconda fase (il riesame) di AIA.

Le Direttive “Seveso 1 e 2 ” (28), norme europee tese alla prevenzione ed al controllo dei rischi di accadimento di incidenti rilevanti (29) connessi con determinate sostanze classificate pericolose, viene applicata in Italia nel 1988 (30), successivamente modificata nel 1999 (31) ed in ultimo nel 2005 (32). La Direttiva e sue successive modifiche, in breve, disciplina il censimento degli stabilimenti a rischio con identificazione delle sostanze pericolose, l'esistenza in ogni stabilimento a rischio di un piano di prevenzione e di un piano di emergenza, la cooperazione tra i gestori per limitare l'effetto domino, il controllo dell'urbanizzazione attorno ai siti a rischio, l'informazione degli abitanti delle zone limitrofe, l'esistenza di un'autorità preposta all'ispezione dei siti a rischio.

L’impianto ILVA di Taranto rientra, per la presenza di determinate attività e per le sostanze o preparati utilizzati o prodotti, negli adempimenti relativi agli impianti a rischio di incidente rilevante ed è inclusa nell’Inventario Nazionale degli Stabilimenti a Rischio di incidente Rilevante. A seguito delle dovute visite ispettive, condotte nel 2006 e nel 2008, il Comitato tecnico nel 2009 (33) ha esaminato e validato il primo rapporto di sicurezza del 2008 con prescrizioni. Purtroppo, non è stato possibile reperire informazioni, neanche tramite web, antecedenti tali date.

A partire dal 1990 i territori comunali di Taranto, Crispiano, Massafra, Statte e Montemesola sono stati definiti “Area ad elevato rischio ambientale” (nel 1990) (34). Nel 1998 (35) la zona di Taranto viene individuata come sede di primi interventi di bonifica di interesse nazionale tra quelli compresi nei siti ad alto rischio ambientale. Sempre nel 1998 fu pubblicato anche il “Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Brindisi e Taranto”.

Lo stabilimento ILVA di Taranto è stato inserito dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nell’elenco dei Siti di Interesse Nazionale (SIN). Il Piano di Caratterizzazione è stato approvato nel Dicembre 2003 in sede di Conferenza di Servizi.

Inoltre, nel 2002 la Regione ha rilasciato parere positivo di compatibilità ambientale (VIA) con prescrizioni in merito alla modifica del ciclo dei laminati piani tramite l’installazione di un impianto di zincature a caldo. L’ILVA ha presentato istanza di verifica di assoggettabilità a VIA alla Regione nel 2006 in merito alla modifica di impianto riguardante il turboalternatore utilizzando il vapore di recupero, con prescrizioni, e in merito ad un nuovo impianto di zincatura a caldo.

Infine, per completezza, anche se quanto sotto elencato non sono strumenti autorizzativi, si segnala che l’ILVA ha dal 1986 il Sistema di Gestione della Qualità certificato in conformità alla norma ISO 9001; dal 2004 il Sistema di Gestione Ambientale certificato in conformità alla norma internazionale di settore, la norma ISO 14001; in applicazione della Direttiva Europea 2003/87/CE un ente accreditato annualmente verifica, convalida e certifica il bilancio annuale delle emissioni di gas ad effetto serra (CO2) dello Stabilimento; nel 2008 il Sistema di Gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, già in linea con quanto richiesto dal decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (meglio noto come Testo Unico della sicurezza sul lavoro), ha ottenuto la certificazione in conformità alla norma internazionale British Standard OHSAS 18001 ed alle Linee Guida dell’UNI (ente italiano di normazione) e dell’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro). 

L’Autorizzazione Ambientale integrata
Nel 1996 viene emanata la Direttiva Europea IPPC (36) allo scopo di realizzare la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento causato da un'ampia gamma di attività industriali e agricole, definite in uno specifico allegato (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali), nonché un livello elevato di tutela dell'ambiente nel suo complesso. La direttiva viene recepita nell’ordinamento italiano nel 1999 (37) e successivamente modificata per una sua attuazione integrale nel 2005 (38). Alla base della direttiva, vi è il principio secondo il quale sia i gestori che le autorità di regolamentazione devono sottoporre a un esame accurato e completo ciascun impianto e le relative conseguenze ambientali prima di stabilire le eventuali misure economicamente efficienti (Best available technology – BAT ovvero Migliori Tecnologie Disponibili (MTD), necessarie per ottenere un livello elevato di tutela dell'ambiente attraverso il rilascio di un'autorizzazione (chiamata in Italia Autorizzazione Integrata Ambientale AIA) per tutte le attività industriali e agricole che presentano un notevole potenziale inquinante.

Nel 2006 un decreto ministeriale (39) stabilisce un calendario che indica le scadenze entro le quali va presentata la domanda di AIA, il cui termine per le Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio situate nella Regione Puglia viene fissato al 28 febbraio 2007. In data 28/02/2007 ILVA presenta istanza di Autorizzazione Ambientale Integrata.

Nell’ aprile 2008 viene sottoscritto a Bari, presso la Regione Puglia, anche sulla base di precedenti Atti di intesa stipulati nel 2003 e 2004, un Accordo di Programma, relativo all’area industriale di Taranto e Statte, ai sensi del decreto IPPC che prevedeva la possibilità di concludere, in considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, specifici accordi d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. Tale accordo è stato stipulato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero dell’interno, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero della salute, dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Taranto, dal Comune di Taranto, dal Comune di Statte, da ISPRA (ex APAT), da ARPA Puglia e da ILVA S.p.A., Edison S.p.A., ENIPOWER S.p.A., ENI S.p.A., Cementir Italia s.r.l., SANAC S.pA. in considerazione della realtà complessa  articolata del sito industriale, con la presenza anche di impianti di preminente interesse nazionale, quali quello siderurgico e quelli energetici, caratterizzato da numerose problematiche ambientali nonché dalla presenza di diversi gestori co-insediati, le cui autorizzazioni sono di competenza di diverse amministrazioni statali e regionali.

Con successivo Decreto Ministeriale del 19/05/2008 (40), viene istituito il Comitato di Coordinamento dell’Accordo al fine di svolgere attività di supporto tecnico alle Autorità competenti in materia di rilascio di AIA e coordinare le istruttorie tecniche parallelamente svolte rispettivamente dalla Commissione AIA-IPPC, dagli uffici regionali o provinciali, dall’ISPRA (ex APAT) e dall’ARPA Puglia, in relazione alle proprie competenze. Il Comitato di Coordinamento è costituito da rappresentanti delle Amministrazioni e degli Enti firmatari dell’Accordo, nonché da esperti provenienti da enti di ricerca e altri organismi, quali il CNR, l’ISPESL, l’ISS, l’ENEA e l’ASL territorialmente competente.

Nel corso dell’istruttoria durata più di due anni sono state richieste numerose integrazioni, alla documentazione tecnica presentata dal gestore, svolte quaranta riunioni del Gruppo istruttore, effettuate due Conferenze di Servizi ed esaminate 241 osservazioni del pubblico nel corso dell’iter procedurale. Il 04/08/2011 viene rilasciato il decreto di AIA n. DVA-DEC-2011-0000450 del 4 agosto 2011 (41) con numerosissime prescrizioni sull’esercizio e relativo piano di monitoraggio e controllo (PMC).

Il Piano di Monitoraggio e Controllo è parte integrante della autorizzazione. Nel documento sono contenuti i requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e nel rispetto delle linee guida, la metodologia e la frequenza di misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonché l’obbligo di comunicare all’autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed all’autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale.  

Note, fonti bibliografiche e sitologia consultate
1)  Legge 8 luglio 1986, n. 349, Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale.

2) Ambiti territoriali e di eventuali tratti marittimi prospicienti caratterizzati da gravi alterazioni degli equilibri ambientali nei corpi idrici, nell'atmosfera o nel suolo e che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione.

3) Legge 61 del 1994, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente.

4) Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale.

5) http://aia.minambiente.it/DomandeAIADocumenti.aspx?id=90

6) Legge 13 luglio 1966, n. 615,Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico.

7) Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 322 del 15/04/1971, Regolamento per l'esecuzione della L. 13 luglio 1966, n. 615, recante provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico, limitatamente al settore dell'industria.

8) Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, art. 216, Testo Unico delle leggi sanitarie: Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi, la prima delle quali comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.

9) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) 28 marzo 1983, Limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno.

10) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualita' dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183 e  D.P.C.M. 21 luglio 1989, Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni, ai sensi dell'art. 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e l'interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali.

11)   Decreto Ministeriale (D.M.) 2 aprile 2002, n. 60, Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, l particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio.

12) D.M. del 12/07/1990, Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione.

13) Legge n. 319 del 1976, la c.d. 'legge Merli', successivamente modificata dalle leggi n. 690 del 1976 e n. 650 del 1979.

14) Decreto legislativo (D.Lgs.) 11 maggio 1999, n. 152, Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole .

15)   D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258, Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma dell'articolo l, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n. 128.

16) D.Lgs.. 10 dicembre 2010, n. 219, Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque.

17) Legge Regionale (L.R.) n. 18/99, L. 172/03. Codice della navigazione, T.U. n. 1775/33.

18) D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, Attuazione delle Direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi.

19) Legge 20 marzo 1941 n. 366, Raccolta, trasporto e  smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

20)  D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 Attuazione delle direttive 91/56/CEE sui rifiuti, 91/698/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio

21) Sentenza  Tar puglia del 23 giugno 2009. 

22) Regione Puglia, Parere istanza VIA, maggio 2010.

23) Nota introduttiva “Discariche dello stabilimento ILVA S.P.A. di Taranto”, febbraio 2011, ILVA.

24) DPCM 16/6/2000, Proroga di stati di emergenza in ordine a situazioni conseguenti ad eventi calamitosi nonché per le situazioni di crisi connesse ad emergenze socio-ambientali ed idriche.

25) Ordinanza del 04-08-2000 n. 3077, Ulteriori disposizioni per fronteggiare l'emergenza in materia di gestione dei rifiuti urbani, speciali e speciali  pericolosi, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nel territorio della regione Puglia.

26)  Nota esplicativa procedimento n. ID 295, II Fase Autorizzazione  Stabilimento ILVA S.P.A. di Taranto, Autorizzazione stralcio per le discariche di stabilimento.

27) Definizione di “gestore”: Qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico dell'impianto stesso.

28) Direttiva 82/501/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1982, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali e Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e direttiva 2003/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/82/CE del Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.

29) Definizione di “incidente rilevante”: Un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l'attività di uno stabilimento di cui all'articolo 2, comma 1, e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose.

30) D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, Attuazone della direttiva CEE n. 82/ 501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183.

31) D.Lgs. n. 334/99, Attuazione delle direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.

32) D.Lgs. 238/05, Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.

33) Ministero dell’interno prot. N. 2941 del 6 aprile 2009.

34) DPCM del 30 novembre 1990 rinnovata con  DPCM del 30 luglio 1997.

35) Legge 9 dicembre 1998, n. 426,  Nuovi interventi in campo ambientale e DPR 196/1998.

36) Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.

37) D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372, Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

38) D. Lgs. n. 59 del 18 febbraio 2005, Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

39) DEC DSA 2006-00344.

40) Prot. DSA-DEC-2008-0000321.

41) U-Prot dec 2011 000050 del 14/08/2011 MATTM, AIA per l’esercizio dello stabilimento siderurgico della Società ILVA SpA ubicato nel comune di Taranto.

 

Nell’agosto del 2008, viene rilasciato il decreto di AIA per l’ILVA. Prima del 1996, le autorizzazioni ambientali erano rilasciate per singoli settori: scarichi idrici, rilasci in atmosfera, gestione dei rifiuti, ecc. Nello sforzo di integrare la prevenzione con la riduzione dell'inquinamento, la Comunità Europea prende atto che approcci distinti nel controllo delle emissioni nell'aria, nell'acqua o nel terreno possono incoraggiare il trasferimento dell'inquinamento tra i vari settori ambientali anziché proteggere l'ambiente nel suo complesso. Pertanto, per raggiungere un elevato livello di protezione dell'ambiente, è necessario porsi l’obiettivo di prevenire le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno, e di provvedere alla gestione dei rifiuti attraverso un approccio integrato della riduzione dell'inquinamento.

Quindi, in materia di autorizzazioni ambientali, l’emanazione della Direttiva Europea sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento IPPC, nel 1996, ha rappresentato un vera svolta (1) al problema dell’inquinamento causato da un'ampia gamma di attività industriali e non. Tali attività, definite in uno specifico allegato, si possono sinteticamente suddividere in attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali.
La direttiva, successivamente abrogata, dopo numerose modifiche, dalla direttiva 2008/1/CE (con disposizioni applicabili sino al 6 gennaio 2014), è stata sostituita completandola dalla direttiva 2010/75/UE in materia di emissioni industriali denominata IED (2010/75/UE).

Con tale direttiva viene, portato avanti il processo di riduzione delle emissioni delle installazioni industriali. Essa rappresenta una fusione di elementi diversi e sostituisce di fatto 7 direttive, tra cui la direttiva IPPC e alcune direttive settoriali come quella sull'incenerimento dei rifiuti, sulle attività che utilizzano solventi organici e sulla produzione di biossido di titanio (da recepire dal 7 gennaio 2014) e sui grandi impianti di combustione (da recepire entro il 7 gennaio 2013).

Ricordiamo per completezza che la Direttiva IPPC introduce i Registri INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti), che contiene informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale, Nonché l’EPER (European Pollutant Emission Register). La Dichiarazione INES è il processo di comunicazione di informazioni ambientali al quale gli stabilimenti IPPC sono tenuti. I gestori degli stabilimenti IPPC in esercizio trasmettono all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente, per il tramite dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente e i Servizi Tecnici (APAT oggi ISPRA), entro il 30 aprile di ogni anno, i dati caratteristici relativi all’impianto e alle emissioni in aria e acqua dell'anno precedente. Dal 2007 è stato introdotto il registro nazionale PRTR (Pollutant Release and Transfer Register) (2) istituito in Italia nel 2011 (3).

L’iter procedurale dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
Alla base della direttiva IPPC vi è il principio secondo il quale sia i gestori che le autorità di regolamentazione devono sottoporre a un esame accurato e completo ciascun impianto e le relative conseguenze ambientali prima di stabilire le eventuali misure economicamente efficienti, necessarie per ottenere un livello elevato di tutela dell'ambiente attraverso il rilascio di un'autorizzazione (chiamata AIA in Italia) per tutte le attività industriali che presentano un notevole potenziale inquinante. La direttiva IPPC lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva VIA (85/337/CEE) e altre disposizioni comunitarie in materia. I dati forniti a norma della direttiva VIA e i rapporti di sicurezza elaborati a norma della direttiva sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (direttiva Seveso), nonché altre informazioni conformi a qualunque altra normativa, possono essere inclusi nella domanda di autorizzazione o essere a essa acclusi.

Nel rispetto delle regole e delle prassi in materia di segreto commerciale e industriale, queste informazioni dovranno essere messe a disposizione delle parti interessate, cioè:

Le autorizzazioni si basano sull'utilizzo delle migliori tecniche disponibili, dette anche BAT (Best Available Techniques), riportate nei cosiddetti BRefs (BAT Reference documents), rapporti (scaricabili dal sito dell'European Integrated Pollution Prevention and Control Bureau) che rappresentano un quadro dettagliato dei processi industriali impiegati nei settori indicati dalle direttiva. L'uso delle BAT serve ad evitare o a ridurre le emissioni inquinanti e l'impatto sull'ambiente, riducendo nel contempo i consumi energetici e migliorando la produttività e/o la qualità della produzione.

Per inciso il primo BRefs sulle acciaierie è stato adottato nel 2001 (4) ed è quello utilizzato ai fini della approvazione dell’AIA dello stabilimento tenendo come riferimento anche la versione in progress del febbraio 2008. Il processo di revisione iniziato nel 2005 ha comportato l’emissione di una ulteriore versione 2012 (5) (vincolante nel marzo del 2016) in riferimento ai requisiti delle nuova Direttiva IPPC del 2010 e ratificata con decisione della Commissione Europea (6). Infatti, le «conclusioni sulle BAT» rappresentano l'elemento fondamentale dei documenti di riferimento sulle BAT e riguardano le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l'applicabilità, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito.

Il recepimento in Italia della direttiva IPPC è stato alquanto travagliato. Il primo provvedimento del 1999 (7), instaurava due percorsi (chiamato modello italiano) per i nuovi impianti il rilascio dell’autorizzazione integrata avveniva in sede di VIA, mentre l’autorizzazione per gli impianti esistenti veniva rilasciata secondo le indicazione contenute nel decreto. E’ però solo nel 2005 (8).che viene disciplinata l’AIA per gli impianti industriali attraverso l’attuazione integrale della Direttiva IPPC. Nel 2010 un ulteriore decreto (9) inserisce integralmente l'AIA all'interno del testo unico ambientale nella parte (la seconda) dedicata alla VIA-VAS (Titolo III Bis) (10).

Il decreto ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente da determinate attività; esso prevede misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.  Il decreto disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’AIA degli impianti, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi, ai fini del rispetto dell’AIA.

Gli effetti delle AIA
Le AIA rilasciate sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni sotto riportate, secondo le modalità e gli effetti previsti dalle relative norme settoriali:

L’AIA per gli impianti per i quali è prevista (Insediamenti produttivi) e per le loro modifiche sostanziali, è rilasciata anche tenendo conto delle informazioni del pubblico e dei documenti BREF (BAT Reference Documents) pubblicati dalla Commissione europea, nel rispetto delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili, emanate con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata. L’AIA statale è rilasciata dal Ministro dell'ambiente sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

Impianti soggetti ad AIA
Gli impianti di competenza statale sono:

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;
2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;
3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;
4) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua, per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indicate;
5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore;
6) Altri impianti rientranti in alcune  categorie localizzati interamente in mare.
Viene istituita una apposita Commissione istruttoria per l'IPPC che svolge l'attività di supporto scientifico per il Ministero dell'ambiente, composta da 23 esperti, provenienti dal settore pubblico e privato, con elevata qualificazione giuridico–amministrativa, di cui almeno tre scelti fra magistrati ordinari, amministrativi e contabili, oppure nel settore tecnico–scientifico. La prima commissione operativa però (la seconda in realtà) si insedia solo nel 2007.
Il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale (VIA - Autorizzazione ambientale rilasciata per determinati impianti tra cui quelli produttivi nella fase di progettazione definitiva) fa luogo dell’AIA per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato. Qualora si tratti di progetti di modifica, l’AIA può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti di non assoggettarli.

Le Regioni e le Province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell’AIA, la procedura per il suo rilascio deve essere coordinata nell'ambito del procedimento di VIA. E’ in ogni caso disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due procedure.

Lo studio di impatto ambientale (per la VIA) e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni AIA e il provvedimento finale di VIA, le condizioni e le misure supplementari previste dall’AIA. Il monitoraggio e i controlli successivi al rilascio del provvedimento di VIA avviene anche con le modalità previste dall’AIA.

La domanda di AIA, trasmessa per mezzo di procedure telematiche, deve contenere le seguenti informazioni:

a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attività;
b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'impianto;
c) le fonti di emissione dell'impianto;
d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;
e) il tipo e l'entità delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale, nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;
f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle;
g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;
h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente, nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l'intervento dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente (ARPA/APPA);
i) le eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma sommaria;
l) le altre misure previste;
m) e una sintesi non tecnica dei dati.

Si ricorda che la VIA (ovvero lo studio di impatto ambientale - SIA) richiede almeno:

a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti;
c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;
d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.

Al SIA deve essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici.

Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza (11), elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento EMAS nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più requisiti, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.

Invece il Rapporto di sicurezza per gli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate dalla legislazione in materia  deve evidenziare che:

a) è stato adottato il sistema di gestione della sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati individuati e sono state adottate le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di incidente rilevante nello stesso, sono sufficientemente sicuri e affidabili e per alcuni stabilimenti anche le misure complementari ivi previste;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni e sono stati forniti all'autorità competente gli elementi utili per l'elaborazione del piano d'emergenza esterno al fine di prendere le misure necessarie in caso di incidente rilevante.

Il rapporto di sicurezza contiene inoltre l’inventario aggiornato delle sostanze pericolose presenti nello stabilimento, nonché le informazioni che possono consentire di prendere decisioni in merito all’insediamento di nuovi stabilimenti o alla costruzione di insediamenti attorno agli stabilimenti già esistenti.
Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda di AIA, l'autorità competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l'autorità competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione potrà chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a 30 giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. E' fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare.

L'autorità competente, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento e la sede degli uffici. Entro il termine di 15 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del proprio nominativo, nonché gli uffici individuati ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni.

Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Le informazioni pubblicate dal gestore ai sensi del presente comma sono altresì pubblicate dall'autorità competente nel proprio sito web.

Entro 30 giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

L'autorità competente, ai fini del rilascio dell’AIA, convoca apposita Conferenza dei servizi (CdS  per un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo richiesto  dall’amministrazione procedente), come disciplinato dalle norme (12) sul procedimento amministrativo, invitando le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l'autorizzazione. Nell'ambito della CdS, l'autorità competente può richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. Salvo quanto diversamente concordato, la CdS deve concludersi entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni.

L'autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di AIA comunque entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda. Fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione.

Contenuti dell’AIA
Ogni AIA deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente, nonché l'indicazione delle autorizzazioni sostituite e tutte le misure necessarie al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso: valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti (che non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente) che possono essere emesse in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. Se necessario, l’AIA contiene ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti.

L’AIA contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e nel rispetto delle linee guida, la metodologia e la frequenza di misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonché l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di AIA così come ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’AIA. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni sono trasmesse per il tramite dell'ISPRA.

L’AIA contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'impianto.

Organi di controllo
Per gli impianti assoggettati a rischio di incidente rilevante, l'autorità competente trasmette all'autorità competente per il rilascio dell’AIA i provvedimenti adottati, le cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti sono riportate nella autorizzazione. L’AIA può contenere altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati.

L'autorità competente rinnova ogni cinque anni l’AIA (termine allungabile ad ogni 8 anni  se l’impianto è registrato EMAS oppure a 6 anni se l’impianto risulta certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001). Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’AIA, ne dà comunicazione all'autorità competente. L’ISPRA, per impianti di competenza statale, o le ARPA/APPA negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione con oneri a carico del gestore:

a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

L’ISPRA esegue i controlli anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto dalla legge istitutiva del sistema agenziale. Al fine di consentire le attività, il gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni e proponendo le misure da adottare.

Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti soggetti ad AIA comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all'autorità competente. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato.

In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente.

In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure.

I gestori degli impianti trasmettono all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell’ISPRA, entro il 30 aprile di ogni anno, i dati caratteristici relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente.  L’ISPRA elabora i dati e li trasmette all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare anche per l'invio alla Commissione europea.

Il Ministero dell'ambiente e l'ISPRA assicurano l'accesso del pubblico ai dati e alle successive elaborazioni.

Chiunque esercita una delle attività soggette ad AIA senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’AIA non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.

Il Riesame dell’AIA dell’ILVA
L’ILVA ottiene l’AIA (13) ad agosto del 2011. Ma perché la necessità di un riesame a così breve distanza di tempo?

In effetti, la direttiva IPPC così come il decreto di recepimento, prevede un riesame dell’AIA in determinati casi. Il riesame è effettuato dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;
b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;
c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;
d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

Verso il mese di novembre 2011 ILVA presenta ricorso contro, tra gli altri, i Ministeri dell'ambiente, della salute, dello sviluppo economico e dell'interno, e la Regione Puglia, per l'annullamento, previa sospensione, dell'efficacia del decreto AIA del parere istruttorio definitivo reso il 20 luglio 2011 dalla competente Commissione istruttoria AIA-IPPC e correlato Piano di Monitoraggio e Controllo reso da ISPRA, limitatamente ad alcune prescrizioni.

L’ARPA l’1 febbraio 2012 rende noto che dai risultati del monitoraggio diagnostico del Benzo(a)Pirene a Taranto, effettuato in ottemperanza al Protocollo Integrativo di intesa ARPA- Regione Puglia (siglato il 4 marzo 2010), si evincono valori non in linea con quanto previsto dalla normativa nazionale e regionale. Il 2 febbraio 2012 la Regione Puglia richiede la ripresa dell’iter di AIA, strettamente necessario alla tutela della salute e dell’ambiente di Taranto e Statte, aggiornando quanto prima le modalità e tempistiche delle procedure di ripresa della attività, evidenziando che il provvedimento AIA prescriveva un preventivo studio di fattibilità per il campionamento della diossina secondo tempistiche e modalità stabilite nell’ambito di un tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’ambiente (i cui lavori sono stati avviati successivamente al rilascio dell’AIA).

Inoltre, la Conferenza dei Servizi del febbraio 2011 (finalizzata al rilascio dell’AIA) stabiliva di pervenire alla conclusione dell’istruttoria addivenendo ad un AIA con esclusione delle discariche, avviando contestualmente le attività istruttorie relative a tutte le discariche ILVA, giungendo così ad una AIA in due fasi, a condizione che tutti gli enti partecipanti alla conferenza si impegnassero a far sì che l’AIA sulle discariche fossero rilasciate entro 180 giorni. La stessa Regione notava che, pur essendo passato ormai un anno da tale data e sei masi dal rilascio dell’AIA (parziale ad esclusione delle discariche), non si aveva notizia alcuna circa la ripresa dell’istruttoria relativa alle discariche.

Il 14 febbraio 2012 la Regione propone che, nell’ambito del procedimento di AIA relativo alle discariche ILVA, si possa procedere all’esame di quanto emerso dall’incidente probatorio ed all’eventuale riconsiderazione di aspetti fissati del provvedimento AIA e nel relativo Piano di monitoraggio e controllo.

Il 2 marzo 2012 la Regione Puglia richiede che l’avvio del riesame dell’AIA tenga conto delle risultanze delle perizie di natura chimica e ambientale (condotte da quattro esperti in materia e consegnate il 25 gennaio 2012) ed epidemiologiche (condotte da 3 esperti e consegnate il 1 marzo 2012) disposte dalla Procura di Taranto nell’ambito del relativo incidente probatorio e richieste rispettivamente l’8 novembre 2010 e il 24 giugno 2011 dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Taranto, tenuto conto delle segnalazioni tecniche e delle denunce pervenute dal Comune, dall’Arpa e da numerose associazioni ambientaliste.

Va ricordato tra l’altro, in sede di AIA, che qualora, a seguito di una valutazione dell'autorità competente che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulti necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità
competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possano essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

Il 5 marzo 2012 la Regione Puglia richiede il riesame del provvedimento AIA già rilasciato. La richiesta parte dalla possibilità di riesaminare l’AIA - qualora richiesto dalla Regione - sulla base delle risultanze delle analisi dell’ARPA a seguito del rilascio di tutte le AIA per l’esercizio degli impianti co-insediati nell’area industriale e oggetto dell’Accordo di programma “Area industriale di Taranto e Statte” (aprile 2008) anche alla luce dei risultati derivanti dall’attuazione dei relativi piani di monitoraggio e controllo e degli esiti della conclusione delle attività (tra cui la prescrizione del benzo(a)pirene inserita nel parere favorevole nel luglio 2011 della Regione Puglia previsto dalla DRG Puglia n. 344 del 10 febbraio 2010).

Il 7 marzo 2012 il Sindaco di Taranto richiede, in sede di rivalutazione dell’AIA, di prevedere l’inserimento dei nuovi adempimenti previsti dall’emanando decreto di recepimento della direttiva 2010/75. 
La Commissione Ue pubblica, l'8 marzo 2012, la lista delle migliori tecnologie disponibili (BAT) nel settore della siderurgia (Decisione 2012/135/UE obbligatorie a partire dall'8 marzo 2016).

A seguire, il 9 marzo, con ordinanza il Tar di Lecce, premesso che non vanno valutate nella presente fase cautelare tutte le prescrizioni apposte all’autorizzazione ambientale, bensì unicamente quelle idonee ad arrecare alla ricorrente Società un pregiudizio attuale e rilevante, rinvenibile unicamente per quanto concerne l’obbligo di installare sistemi di abbattimento dedicati alle emissioni di macro e microinquinanti di alcuni camini nonché per la prevista divisione dell’attuale rete di smaltimento delle acque reflue di stabilimento e dei relativi scarichi autorizzati e, altresì, in ordine al censurato contrasto tra il parere definitivo e il Piano di Monitoraggio e Controllo, accoglie la domanda di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, nei sensi di cui in motivazione, compensa interamente tra tutte le parti le spese della fase cautelare e fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 6 giugno 2012.

Pochi giorni dopo, il 13 marzo, il Presidente della Commissione IPPC, comunicando al Gruppo di lavoro di nomina ministeriale a supporto delle attività valutative conferite allo stesso Presidente, invia una sintesi delle prime valutazioni tecniche ed attività programmatiche in cui si prende atto delle risultanze della perizia chimica redatta dal CTU del GIP di Tanto, della relazione tecnica dell’ARPA sul monitoraggio del benzo(a)pirene e dell’Ordinanza del Tar di Lecce n. 201/2012, si prende inoltre visione della perizia epidemiologica che data la specificità dei contenuti si ritiene opportuno inoltrare al Ministero della salute e all’ISS già coinvolti nel procedimento AIA in sede di Conferenza dei Servizi e nel tavolo tecnico istituito dal Ministero dell’ambiente, prendendo atto delle conclusioni sulle BAT per il settore per la produzione di ferro ed acciaio della UE, si evidenzia che seppur sia stata valutata l’opportunità di tener conto delle versioni in progress delle nuove BAT (più volte modificate), si è ritenuto che, in quanto provvisori, non potessero rappresentare un riferimento tecnico e di indirizzo per la individuazione dell’apparto descrittivo dell’AIA.

Nel merito, il Gruppo di lavoro ritiene che il “brief” del 2012 contiene elementi di novità che potrebbero consentire un parziale riesame del quadro prescrittivo limitatamente ad alcuni impianti delle aree a caldo. In merito all’esame del monitoraggio del benzo(a)pirene, la nota segnala che la commissione ha già iniziato le valutazioni.

In data 15 marzo 2012 viene richiesta l’apertura di un procedimento di riesame che viene accolta il giorno successivo.

Il 7 luglio 2012 viene adottato dalla Regione Puglia con DGR n. 1474 il Piano contenente le prime misure di intervento per il risanamento della qualità dell’Aria nel quartiere Tamburi (TA) (14) per gli inquinanti benzo(a)pirene e PM10 redatto ai sensi del decreto legislativo 155/2010.

Il 24 agosto 2012 viene istituito un Gruppo di lavoro ad hoc, composto da alcuni dei massimi esperti in materia di tutela ambientale, rappresentati dei Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, di ISPRA, dell'ISS, della Regione Puglia, della Provincia di Taranto, dei Comuni di Taranto e Statte e dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Regione Puglia (Arpa).
Il 17 agosto 2012 il Ministro Clini dichiara che il riesame dell’AIA sarà concluso entro il 30 settembre.

Si ripropone integralmente il testo della notizia apparsa sul sito del Ministero dell’ambiente:
Si sono concluse oggi, 28 settembre,le attività  del gruppo di lavoro istituito dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini con il mandato di predisporre entro il 30 settembre la documentazione di supporto alla stesura del parere tecnico che dovrà essere emanato dal “Gruppo Istruttore” della commissione ministeriale competente in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), ai fine del riesame dell’AIA dello stabilimento Ilva di Taranto rilasciata il 4 agosto 2011.

Il riesame era stato disposto dal Ministro Clini, sulla base:

La documentazione predisposta dal gruppo di lavoro, che  fa riferimento alle “aree a caldo” ed ai  parchi minerali dello stabilimento ILVA, individua gli obiettivi e le modalità per:

Il Gruppo Istruttore è stato convocato il prossimo 9 ottobre ed il parere tecnico sarà emanato entro il successivo 11 ottobre. La Conferenza dei Servizi per la conclusione del procedimento, alla quale partecipano la Regione Puglia e gli Enti Locali, si terrà entro il 16 ottobre 2012.

Il riesame dell’AIA disporrà  una drastica riduzione del carico di inquinanti rispetto all’AIA del 4 agosto 2011,  con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di benzopirene sia diffuse che convogliate.

Con un successivo provvedimento, ancora in fase istruttoria, verrà aggiornata l’AIA del 4 agosto 2011 in riferimento alle misure ulteriori da adottare per il risanamento delle discariche interne allo stabilimento, la gestione dei rifiuti e la protezione della qualità ambientale delle acque.

Il Ministro Clini ha ringraziato il gruppo di lavoro, ed ha rilevato con soddisfazione che gli esperti hanno risposto “presto e bene” al mandato ricevuto: “Sono state affrontate in modo trasparente e con competenza tutte le complesse questioni tecniche aperte, senza lasciare margini alle molte sollecitazioni  per il rinvio e per i cosiddetti ulteriori approfondimenti: abbiamo già visto che i quasi cinque anni per l’AIA precedente, con 462 prescrizioni, hanno avuto un esito contraddittorio e “opaco” messo in evidenza dai pronunciamenti del TAR e dalla Procura della Repubblica di Taranto. L’Autorizzazione Integrata Ambientale deve essere un documento chiaro ed esplicito, che definisca con precisione le responsabilità di ogni parte coinvolta, ognuna per la sua competenza.

 

Bibliografia consultata e sitologia

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