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ARSENICO E MALGOVERNO

Per decenni sono stati a guardare

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di: Francesco Mauro
Pur essendo noto da decenni, il problema della nocività dell’arsenico, elemento presente naturalmente in alcune zone vulcaniche, riemerge periodicamente. Questa volta si tratta della periferia nord del Comune di Roma Capitale dove alcuni vecchi acquedotti rurali forniscono acqua con concentrazioni più alte di quelle prescritte. Vengono descritti e discussi brevemente gli effetti sanitari dell’arsenico e le relative normative, i problemi degli acquedotti e del territorio, le ragioni dei ritardi e delle inadempienze.



La notizia si è fatta strada tra l’1 e il 2 marzo in coda a qualche telegiornale e con qualche trafiletto nelle pagine locali dei quotidiani. Il sindaco di Roma Capitale ha ordinato “…il divieto di utilizzo dell’acqua per il consumo umano … (ivi incluse tutte le attività produttive) … fino al 31 dicembre 2014” agli utenti di alcuni acquedotti ARSIAL nei Municipi Roma XIV (ex XIX – Monte Mario) e XV (ex XX - Cassia Flaminia). L’ordinanza è definita “contingibile e urgente … a decorrenza immediata” ma, firmata il 21 febbraio, ci ha messo diversi giorni a uscire in taglio basso sul sito del comune e ad essere ripresa dalla stampa. Ai primi di marzo, i manifesti prescritti sono ancora di là da venire, e probabilmente il testo fa buona mostra esposto sull’albo pretorio, che nessuno sa dove stia, laggiù dalle parti del Foro Romano.


L’arsenico negli acquedotti rurali di Roma Nord
Eppure, non è questione da poco. L’ordinanza elenca circa 500 indirizzi, ma il numero ben difficilmente corrisponde solo ad altrettante famiglie. Molti indirizzi riguardano ex poderi dell’Ente Maremma, dove i figli del coltivatore diretto, primo assegnatario negli anni ’50, hanno costruito le residenze delle nuove famiglie; in certi casi, sono addirittura indirizzi consortili; vi è stato un ricorso massiccio, in alcune zone, all’allacciamento abusivo. Vi è poi il problema degli allevamenti zootecnici, che possono arrivare ciascuno anche ad un centinaio di bovini o qualche centinaia di ovini; dei casali, delle grandi aziende, dei cavalli, forse di qualche agriturismo. E infine, dei pozzi, denunciati e non. A spanna, stiamo parlando di diverse migliaia di persone.

Le zone dove insistono questi piccoli acquedotti, che attingono a pozzi locali e sono separati dalla rete idrica romana (che pure è presente nei dintorni: Peschiera di destra e Lago di Bracciano), sono tutte situate nell’estrema periferia nord di Roma, nel quadrante tra la Boccea e la Tiberina passando per la Cassia e la Flaminia (e andrà verificato il possibile coinvolgimento di comuni limitrofi):

- acquedotto ”Malborghetto”, che serve la località Malborghetto nella Zona Prima Porta sulla Flaminia, Municipio XV;

- acquedotto “Camuccini”, con pozzo di presa nel Comune di Sacrofano, che serve alcune parti di Valle Muricana, nella Zona Prima Porta, Municipio XV;

- acquedotto “Monte Oliviero” nelle località Prato della Corte, Santa Cornelia, ecc., nell’urbanistica attuale lungo la Cassia-bis, Zone Labaro, Prima Porta e Isola Farnese, Municipio XV;

- acquedotto “Brandosa”, che serve i dintorni del podere Brandosa sulla Via Braccianense nella Zona Santa Maria di Galeria, Municipio XIV;

- acquedotto “Casaccia – Santa Brigida” che serve varie località oltre Osteria Nuova (Santa Brigida, Tragliatella, Cornazzano, Andromeda, ecc.) nella Zona Santa Maria di Galeria, Municipio XIV;

- acquedotto “Casali di Galeria”, che serve la località omonima vicino al borgo di Santa Maria di Galeria nella Zona con lo stesso nome, Municipio XIV;

- acquedotto “Piansaccoccia” nella zona fra la Via Cassia e la Via Boccea, lungo Via della Storta, Zona La Storta, Municipio XIV;

- acquedotto “Tragliata”, che insiste prevalentemente sul territorio del Comune di Fiumicino, ma serve anche utenti situati tra Tragliata e Tragliatella, Zona Santa Maria di Galeria, Municipio  XIV.

Nel 1998 era stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra Regione Lazio, ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura), Comune di Roma, Comune di Fiumicino ed ACEA, per il trasferimento di questi acquedotti a Roma Capitale e da questa affidati in gestione ad ACEA ATO2 SpA; questo non solo per ragioni istituzionali, ma per lo stato degli acquedotti che necessitavano di un piano di intervento e adeguamento.

La destinazione di questi e di altri acquedotti (già risanati e dotati di acqua ACEA (Vallelunga – Sant’Isidoro, Malvicino,  Olgiata e parte di Camuccini) è stata confermata da una convenzione del 2002, dall’approvazione con delibera della Giunta della Regione nel 2003, da un ulteriore protocollo nel 2004.

Nel 2011, alla luce delle iniziative della Commissione Europea e dell’Istituto Superiore di Sanità, è emerso il problema dell’arsenico, anche per la scadenza della concessione di deroghe. In un lento scambio di note tra i vari protagonisti, a cui si sono aggiunte la USL Roma C e l’ARPA, sono passati gli anni fino al 2014, durante i quali non è stato fatto niente per il risanamento, né dal punto di vista dell’inquinamento chimico e batteriologico, né da quello della fatiscenza delle condotte. Oggi il solo acquedotto “Casali di Galeria” presenta un inquinamento esclusivamente batterico.

Il sindaco ritiene adesso di risolvere il problema ordinando il “divieto di utilizzo dell’acqua … fino al 31 dicembre 2014, nelle more del risanamento dei predetti acquedotti ad opera dell’ACEA ATO2 SpA”, e ordinando altresì ad ACEA di procedere in tal senso e all’ARSIAL di “assicurare … la fornitura d’acqua per il consumo umano mediante punti di rifornimento” e inoltre di “provvedere immediatamente all’eliminazione dell’inquinamento batterico”. Francamente, considerando che questo problema è sul tappeto almeno dal 1998, non si capisce se e come questa ordinanza possa venire attuata nella sua interezza.

 

Gli effetti nocivi dell’arsenico
Come sopra accennato, il problema dell’arsenico nell’acqua non è nuovo, tant’è vero che fino a tutto il 2013 è stata ampiamente utilizzata una deroga alla legge sulle acque potabili che dava la possibilità di posticipare l’adeguamento di alcuni parametri nei comuni che si trovavano in ritardo. La deroga era applicata diverse in località della provincia di Viterbo, nel nord della provincia di Roma e nella parte umbra dei Vulsini, dove l’acqua spesso contiene arsenico e fluoruro, entrambi di origine naturale ma in quantità eccessive. La stessa zona è nota per la presenza del gas radioattivo radon.

Gli effetti nocivi dell’arsenico – un elemento non essenziale all’organismo umano - sono ben noti: già nel 1979 il Karolinska Institute (l’entità che assegna il Nobel per la medicina) di Stoccolma, di fronte ai dati sull’elevata cancerogenicità (con l’induzione di tumori interni e non solo della pelle) dell’arsenico, aveva chiesto ufficialmente, a nome della Svezia, l’abbassamento dei valori limite per l’acqua potabile da 50 a 10 microgrammi/litro. Vi erano state in proposito dichiarazioni internazionali autorevoli: “Un’esposizione prolungata nel tempo all’arsenico contenuto nell’acqua e nel cibo può causare cancro, lesioni cutanee, malattie cardiovascolari, effetti sullo sviluppo, danni al sistema nervoso e diabete” (Orgaanizzazione Mondiale della Sanità, WHO/OMS). La cancerogenicità dell’arsenico è ufficiale in quanto l’elemento è registrato sulla lista degli agenti dimostratisi cancerogeni per l’uomo stilata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, un’articolazione del WHO). Sperimentalmente, gli effetti dell’arsenico sono stati osservati dopo ingestione, inalazione e contatto.

Per dare un’idea dell’ordine di grandezza dell’effetto nocivo, i calcoli di varie agenzie, compresa l’EPA degli Stati Uniti, indicano per l’assunzione di 1 litro di acqua al giorno per tutta la durata della vita con una concentrazione nell’acqua di 50 microgrammi/litro, un rischio aggiuntivo di 10-13 casi di letalità da tumore su una popolazione di 1.000 individui. Il calcolo è puramente teorico e in genere tale incidenza non può essere riscontrata in modo significativo nelle popolazioni reali, ma può servire a definire l’utilità delle azioni da intraprendere: ad esempio, lo stesso tipo di esposizione ma limitata a 10 microgrammi/litro abbassa la letalità attesa da tumori indotti a 6 casi letali per 10,000.

Nel caso dei tessuti animali e vegetali e della trasmissione dell’arsenico all’uomo tramite la dieta, i dati sono ancora scarsi. In condizioni “normali”, l’arsenico che si ritrova nella carne bovina o suina è intorno a 8 microgrammi/kg, nei formaggi 5 microgrammi/kg, e nel latte intero 1,5 microgrammi/kg. La “normalità” per un essere umano di 60 kg è di 14-20 mg totali per corpo. Alcuni paesi extra-europei hanno approvato un limite massimo permesso per i prodotti della pesca di 1 mg/kg.

Non a caso, oggi l’impiego dei composti dell’arsenico è proibito in agricoltura, dove era usato come pesticida e come conservante; quando viene usato per altri impieghi si preferisce il meno pericoloso arsenico organico.

 

L’Italia e l’arsenico
Questo allarme internazionale era già noto alle autorità sanitarie italiane: “(E’ necessario) adottare con urgenza ogni misura per far fronte ai disagi della popolazione in seguito all’emergenza che si è determinata in alcuni territori … a causa delle concentrazioni nelle acque destinate al consumo umano di arsenico e/o di fluoro superiori ai limiti di cui al Decreto legislativo 31/2001”.

Successivamente, nel 2013, il Ministero della salute, sulla base di un parere del Consiglio Superiore di Sanità, ha sollecitato la Regione Lazio ad adottare gli interventi necessari affinché l’acqua distribuita risponda ai requisiti di conformità e ha richiamato l’attenzione sull’obbligo di fornire alla popolazione interessata informazioni adeguate sull’acqua erogata, in particolare sulle limitazioni d’uso e sulle precauzioni da adottare per l’acqua che supera i limiti imposti. Il ministero ha sottolineato anche che i provvedimenti di deroga, chiesti alla Commissione Europea, prevedono, come parte integrante della richiesta, l’impegno per “un rigoroso cronoprogramma per il rientro delle acque nei parametri di conformità”.

La situazione delle sorgenti nella parte settentrionale della provincia di Roma e in quella meridionale della provincia di Viterbo, chiamate anche nel complesso Bassa Tuscia, nell’area delle vulcaniti alcali potassiche quaternarie dei Monti Sabatini intorno al Lago di Bracciano, è stata monitorata nell’ambito di una collaborazione tra IRSA-CNR (CNR - Istituto di Ricerca sulle Acque) e Università La Sapienza. I risultati hanno indicato che il 65,2% dei campioni supera il valore limite di 10 microgrammi/litro per l’arsenico (Dall’Aglio et al., 2013); percentuali (minori) si osservano anche per altri metalli. Nella Regione Lazio, impianti per la potabilizzazione delle acque contenenti arsenico mediante osmosi inversa sono in certi casi già stati utilizzati, ma vengono giudicati da alcuni esperti inefficienti e costosi, con in più lo svantaggio di produrre acqua di scarto con alte concentrazioni di arsenico. E’ stato fatto notare che l’acqua dei laghi Sabatini si presenta però costantemente come acqua scevra da arsenico ed altri composti nocivi, indicazione questa che un sistema di depurazione naturale per via geochimica è in funzione; e che quindi un vero intervento  risolutivo potrebbe essere possibile mediante una gestione appropriata del ciclo dell’acqua a partire dal sistema lacuale.

Un comportamento più accorto e sensibile è stato tenuto in questa zona dal Comune di Anguillara Sabazia che, dopo aver dichiarato all’inizio del 2013 non potabile a scopo prudenziale l’acqua di 6 acquedotti nella stessa zona, ha operato in modo da poter revocare le ordinanze per gli acquedotti “Biadaro”, “Montano”, “Colle Sabazio” e “Le Pantane” entro al massimo pochi mesi, mantenendo il divieto solo per gli acquedotti ARSIAL 1 e 2, peraltro non di competenza comunale.

Di converso, nel Lazio, il numero di comuni che comunque in certe zone superano il limite europeo di 10 microgrammi/litro, e possono arrivare a superare i 50 microgrammi/litro, è molto alto: 9 comuni in provincia di Latina (compresa Latina e Pomezia) con 283.000 residenti interessati, 22 in provincia di Roma (quelli del quadrante nord e un altro gruppo tra i Castelli e il mare) con 250.000 interessati (senza contare quelli di Roma di cui nel presente articolo), e 61 in provincia di Viterbo (compreso il capoluogo) con oltre 315.000.  

 

Qualche conclusione
In conclusione, la storia dell’arsenico nelle acque di Roma e del Lazio mette in evidenza come ben poco sia stato fatto da quando il problema è emerso. Tutti gli enti coinvolti, con l’eccezione di quelli tipicamente scientifici, non ne escono bene, in particolare i sindaci che hanno l’autorità e la responsabilità di intervenire: in questo, il comportamento dei sindaci presenti nel periodo di tempo in cui il problema era all’ordine del giorno non è cambiato: Rutelli, Veltroni, Alemanno e Marino non hanno provveduto. Lo stesso si può dire per i “governatori” a cui spettava la sorveglianza ARSIAL (dal 1998: Badaloni, Storace, Marrazzo, Polverini, Zingaretti), vox populi considerato un ente inutile. E’ anche inacettabile il palleggio fra ACEA, Comune e ARSIAL, forse dovuto al tentativo di evitare di caricarsi i costi, ogni entità scaricandoli sulle altre due.

La stessa ordinanza emessa dal sindaco Marino appare carente: i valori effettivamente misurati dall’ARPA non vengono riportati, anche se si presuppone che siano più alti di 10 microgrammi/litro. Inoltre, non è chiaro se il divieto riguardi solo il bere e gli usi alimentari, o anche qualsiasi attività umana, come sembrerebbe dal testo. L’acqua disponibile al primo punto di distribuzione (alla scuola di Via di Tragliatella) è a malapena sufficiente agli usi alimentari.

Ma è l’approccio al problema che dovrebbe essere diverso, non proibendo l’uso dell’acqua all’arsenico dopo anni di negligenza, ma applicando quello che la stessa UE prescrive: prevedere e attuare in tempi rapidi “un rigoroso cronoprogramma per il rientro delle acque nei parametri di conformità”. In altre parole ed in sintesi: tornare all’impostazione originale europea, lo “sforamento” del livello massimo come segnale non di chiusura immediata, ma di rapido risanamento. Qui da noi invece è già partita l’indagine della magistratura …

E sul piano operativo, è un miracolo che l’ARSIAL sia riuscita a mandare una autobotte alla scuola rurale dell’infanzia a Tragliatella il 4 marzo, 11 giorni dopo la firma del sindaco Marino.

Quello che serve è operare, risanare, informare, prevenire.

 

Bibliografia

G. Campanini, G. Delbono & S. Ghidini. L’arsenico negli alimenti. Università di Parma, 1998.

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Wettewrhahn-Jennette K. The role of metals in carcinogenesis: Biochemistry and metabolism. Health Perspect, 40: 233-252, 1981.

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