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L’AFRICA DEI TELEFONINI
Quelle piccole rivoluzioni
- di: Paolo Saraceno
- L’Africa ha un livello di sviluppo confrontabile con quello della Cina di vent’anni fa e dell’India di dieci anni fa. Le infrastrutture non sono quelle dei colossi asiatici, e neanche l’alfabetizzazione. Ma avviare lo sviluppo con le ricchezze a disposizione, con governi migliori e con il contributo del mondo sviluppato è possibile. La sorpresa dei prossimi anni potrebbe essere l’esplosione delle economie africane.
L’Africa è ricca di materie prime, di terre potenzialmente fertili, di acqua, di fonti d’energia, non ha però impianti d’irrigazione, strade, ferrovie, centrali per produrre energia elettrica, reti per trasportarla. Se si guarda una foto dell’Africa presa dallo spazio (fig.1) ci si rende conto della grande differenza che c’è tra quel continente e l’Europa. Le luci indicano lo sviluppo raggiunto nei territori; l’Africa non ha luci, anche in certe zone con densità di popolazione superiori a quelle europee.
In figura 1 sono indicate 3 città con una popolazione superiore a quella di Londra, la più popolosa delle città Europee. Esse sono: il Cairo, che ha 15 milioni di abitanti e si nota nella foto, Lagos, che si nota appena, ha 2.5 volte la popolazione della Svizzera e infine Kinshasa-Brazzaville che, pur avendo la popolazione di Londra, non si vede. Questo significa che la maggior parte degli abitanti di quelle immense città vive senza energia elettrica, come vivevano trent’anni fa gli abitanti di Cina e India quando consumavano meno elettricità dell’Italia.
Figura 1: Foto dell’Africa e dell’Europa prese dallo spazio. Le luci indicano lo sviluppo raggiunto nel territorio. Sono indicate le posizioni delle 3 maggiori città africane: Lagos (19 milioni d’abitanti), Kinshasa-Brazzaville (12 milioni) e il Cairo (15 Milioni). Le prime due quasi non si notano nella foto.
Sino a pochi anni fa, gli articoli che si leggevano sui giornali descrivevano l’Africa come un continente senza prospettive, con governi corrotti, guerre civili e dittatori sanguinari. Da qualche tempo le cose sembrano esser cambiate, le analisi sono più ottimiste e c’è più fiducia nella capacità degli africani di prendere in mano il loro futuro. Le ragioni del cambiamento sono sostanzialmente due, fortemente legate tra di loro.
La prima è la forte crescita della classe media che, per l’alta natalità del continente è costituita da giovani che sono più aperti alle novità, usano il cellulare ed internet. Per vivere in Africa bastano 2 dollari al giorno, chi guadagna di più fa parte della classe media, spende i suoi soldi in beni di consumo, o in nuove attività, contribuendo così alla crescita del continente.
Nel 1980 il 70% circa degli africani guadagnava meno di 2 dollari al giorno mentre il 27,2 % ne guadagnava tra 2 e 20 e costituiva la classe media, il rimanente 4.8% rappresentava la minoranza ricca, legata alla (cattiva) gestione del potere che investiva le sue fortune all’estero, senza contribuire allo sviluppo dell’Africa. Nel 2011 le cose erano cambiate: il 4.8 % di popolazione ricca era restato immutato, mentre gli africani che guadagnavano meno di 2 dollari al giorno erano scesi al 60% e la classe media era salita al 35,2 % della popolazione: 300 milioni di persone, per la maggior parte giovani intenzionati a migliorare la loro vita.
La seconda ragione è l’enorme diffusione dei telefonini che ha risolto il problema delle comunicazioni, uno dei problemi infrastrutturali più gravi dell’Africa. La loro crescita è stata vertiginosa e nel 2011 si sono superati i 600 milioni di telefonini, un telefonino ogni 1.5 abitanti, superando le medie di molti paesi sviluppati. Assieme ai telefonini è anche esploso il commercio delle batterie e dei sistemi per caricarle. Computers e telefonini hanno così cominciato ad essere utilizzati nei luoghi più remoti dell’Africa, dove la corrente elettrica non arrivava mettendo, chi voleva, in contatto con il mondo intero.
Gli effetti di queste piccole rivoluzioni si sono fatte rapidamente sentire, con i telefonini ed internet si hanno informazioni diverse da quelle ufficiali; si possono organizzare campagne elettorali senza usare televisioni, radio o giornali od altri mezzi di comunicazione controllati dai governi (in Italia lo ha fatto il movimento 5 stelle); ci si può accertare del corretto svolgimento delle elezioni, rendendo difficile imbrogliare. In Nigeria, nel 2011, migliaia di osservatori hanno registrato i risultati elettorali nelle diverse zone del paese, li hanno inviati con sms ad un sistema centrale gestito da volontari che li hanno comunicati alla popolazione, rendendo di fatto impossibile ogni manipolazione. La rivolta araba del 2011 è figlia di questo cambiamento, si è basata sui telefonini e si è propagata con una velocità impressionante arrivando sino in Cina, che sta cercando di arginare il fenomeno con molta difficoltà.
Questi fatti sono noti, ma pochi forse sanno che nordafricani, nigeriani e i movimenti asiatici hanno utilizzato un software per i telefonini sviluppato in Kenya nel 2007 per far circolare informazioni sui disordini e le violenze che avvenivano nel paese, senza passare attraverso i canali governativi. Un software chiamato Ushahidi (“testimonianza” in swahili) che cataloga i messaggi a seconda del luogo di provenienza (usando Google map) e li ordina poi temporalmente, dando così un senso a decine di migliaia di messaggi, altrimenti inutilizzabili. Attraverso questo software sono arrivate al mondo informazioni sul terremoto di Haiti, sullo tsunami giapponese o sulla rivolta araba, dando un’informazione immediata e alternativa a quella governativa.
Gli africani, scoperta l’importanza dei telefonini, non si sono fermati al loro utilizzo, ma li hanno modificati adattandoli alle loro necessità, dimostrando così capacità insospettate. Oltre allo Ushahidi di cui si è parlato prima, sono stati sviluppati software per usare i telefonini nelle transazioni finanziarie, per eseguire pagamenti con sms, per usarli al posto delle carte di credito, usi essenziali in un continente dove le banche sono lontane dalla gente, risolvendo così un altro problema strutturale.
Giovani ricercatori africani sono diventati in poco tempo leader mondiali nello sviluppo di questi software: l’operatore keniano Safaricom ha sviluppato un’applicazione per mobile banking (M-pesa in swahili, dove pesa indica denaro) che ha fissato uno standard mondiale usato dalla California alla Cina; un software sviluppato in sud Africa (MXit) oltre a permettere di mandare e-mail permette di verificare, attraverso la lettura dei codici a barre, l’autenticità di prodotti come i farmaci.
Con i telefonini è cresciuto l’uso di Internet. Secondo Google nel 2010 i contatti africani sono stati 5.2 miliardi contro i 3.7 dell’Europa, numeri che indicano l’esplosione di un continente che vuole il suo posto nel mondo. Il successo di queste tecnologie è tale che in Kenya, alle porte di Nairobi, sta nascendo un cittadella della tecnologia la “konza Thecnology City” con un investimento di 7 miliardi di dollari; una cosa impensabile, 10 anni fa.
Il prossimo passo per lo sviluppo dell’Africa sarà l’energia elettrica, senza la quale non c’è sviluppo. Il continente ne è affamato, ma per essa non c’è una soluzione semplice come per i telefonini, perché l’energia si trasmette male via etere, servono reti per distribuirla oltre che impianti per produrla e questo richiede tempo ed investimenti. La soluzione potrebbe però venire dalla produzione diffusa di elettricità, da piccoli impianti idroelettrici (l’Africa come il sud-America ha enormi potenzialità in questo settore), eolici, termici, al limite fotovoltaici. Per l’Africa, essere arrivata per ultima potrebbe essere un vantaggio, permettendole di partire con le tecnologie più avanzate come è stato per i telefonini. Nel mondo sviluppato ci si è avviati verso la produzione distribuita dell’energia elettrica, da affiancare a quella dei grandi impianti. In Africa si comincerà probabilmente dalla produzione diffusa d’energia a cui affiancare nel tempo le grandi centrali e le reti di distribuzione.
L’Italia ha industrie che costruiscono piccoli impianti idroelettrici, eolici, termici ad altissima efficienza e bassa manutenzione. Potrebbe quindi contribuire allo sviluppo dell’Africa, coinvolgendo in questo la nascente classe media africana. Per farlo è necessario incontrarsi, discutere e, soprattutto, capire cosa serve loro (e non cosa serve a noi vendere..). Il Festival dell’Energia potrebbe contribuire a questo processo offrendo un palcoscenico dove produttori ed utilizzatori avrebbero l’opportunità di incontrarsi. La posizione privilegiata dell’Italia nel Mediterraneo, la competitività delle nostre imprese ne garantiscono il successo.
L’Africa per svilupparsi deve risolvere problemi enormi, ha quindi bisogno di tempo, anche se la Cina ha dimostrato che i paesi emergenti possono avere sviluppi rapidissimi. Se si usa la produzione d’energia elettrica come parametro per valutare lo sviluppo di un paese si scopre che l’energia elettrica consumata in Africa nel 2011 è la stessa consumata in Cina nel 1993 e quella consumata in India nel 2003 con popolazioni confrontabili. L’Africa ha quindi un livello di sviluppo confrontabile con quello della Cina di vent’anni fa e dell’India di dieci anni fa; le infrastrutture non sono quelle dei colossi asiatici, e neanche l’alfabetizzazione, ma costruire tutto questo con le ricchezze a disposizione, governi migliori e il contributo del mondo sviluppato è possibile, per cui la sorpresa dei prossimi anni potrebbe essere l’esplosione delle economie africane. Ai paesi sviluppati la capacità di cogliere quest’occasione nel loro interesse, per quello dell’Africa e per riparare in minima parte gli infiniti torti inflitti a quel continente.
Tratto da: Festival dell'energia 2012 http://www.festivaldellenergia.it