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Il TESTO UNICO SULLE FORESTE

Tutelare e Gestire il Bosco che Cresce

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Il 16 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”,  con gli indirizzi nazionali di riferimento per la  programmazione, pianificazione, tutela e gestione attiva del patrimonio forestale nazionale.
La legge riconosce il patrimonio forestale nazionale (che ammonta a 11,8 milioni di ettari pari al 39% del territorio nazionale) come parte del capitale naturale nazionale e come bene di interesse pubblico e promuove la sua gestione sostenibile, anche tramite lo strumento della certificazione forestale.    
Nonostante un  processo di condivisione, attuato nel 2017 con sei incontri territoriali in tutta Italia, il provvedimento è stato fortemente contestato da una parte del movimento ambientalista e da una parte del mondo accademico che hanno rivolto un Appello al Presidente della Repubblica  affinché neghi la sua firma per l’emanazione. L’Accademia dei  Georgofili si è preoccupata di rispondere alle critiche con un documento dettagliato che pubblichiamo integralmente e con un proprio contro appello, anch’esso sottoscritto da un gran numero di accademici e di operatori .


La materia forestale è una materia di interesse strategico per l’Italia e sempre più trasversale a diverse politiche. Il Governo italiano ha sottoscritto diversi accordi internazionali ed è impegnato a dar seguito alle indicazioni dell’Unione Europea (UE) in materia di conservazione ambientale e paesaggistica, lotta e adattamento al cambiamento climatico, contenimento del dissesto idrogeologico, sviluppo socioeconomico e decarbonizzazione dei sistemi energetici, bioeconomia e lotta al commercio illegale del legname. Si tratta di campi di azione politica che hanno influenzato e che influenzeranno sempre più la selvicoltura e le scelte sulla gestione delle risorse forestali del nostro Paese. Un tema tanto complesso dal punto di vista scientifico e tecnico, quanto delicato e di estrema sensibilità sociale e politica.

Dopo un percorso di consultazione e confronto pubblico durato 4 anni, una proposta di Testo unico in materia di foreste e filiere forestali sta per essere approvata dal Consiglio dei Ministri. La proposta prevede, in attuazione della legge delega n.154 del 2016, la revisione e armonizzazione della normativa nazionale vigente (D.lgs.227 del 2001 recante "Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), in coerenza con la strategia nazionale definita dal Programma quadro per il settore forestale (comma 1082 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), le normative europee e gli impegni assunti in sede internazionale.

Molto clamore è stato sollevato nelle ultime settimane alla notizia della prossima approvazione del Testo unico. In particolare sui social network sono apparse osservazioni e critiche presentate da cittadini, associazioni ed anche alcuni docenti universitari. Denominatore comune delle perplessità avanzate rimane la paura di favorire con l’approvazione del Testo unico la riduzione e il degrado del patrimonio boschivo italiano, la distruzione della biodiversità e del paesaggio del bel Paese a favore di utilizzazioni produttive, in particolare quelle a fini energetici, addirittura coinvolgendo i boschi di aree protette.

Parlare di rischio di deforestazione in un paese in cui la copertura forestale è più che raddoppiata nell’ultimo secolo ed è ancora in fase di forte espansione significa creare inutili allarmismi: l’Italia è un paese ricco di foreste (39% della superficie territoriale) e lo sarà sempre di più nel futuro. Parlare di eccesso di tagli a fini di produzione di legname a uso industriale ed energetico in un paese che ha uno dei più bassi tassi di prelievo (rapporto tra utilizzazioni ed incremento annuo) nell’ambito dell’UE significa fare cattiva informazione. In questi anni l’estensione della superficie forestale ha superato quella delle superfici agricole e si sta ponendo sempre più un problema complesso e delicato su come tutelare e gestire questo capitale naturale, evitando processi di abbandono e degrado, come la catastrofica esperienza degli incendi del 2017.

Il Testo unico, in coerenza con gli accordi internazionali e le norme comunitarie in materia ambientale, si ispira al concetto della Gestione Forestale Sostenibile (GSF) quale strumento per proteggere attivamente le risorse, anche tramite la loro valorizzazione economica. Il Testo unico chiarisce, quindi, gli obiettivi e le regole generali e comuni per dare un significato concreto al necessario bilanciamento tra protezione ambientale, creazione di occupazione in aree montane e offerta di materie prime rinnovabili, un bilanciamento che operativamente è, in base al dettato costituzionale, dato in capo alle Regioni e Province autonome. Per questa ragione il Testo unico definisce, nel rispetto del riparto delle competenze tra Stato e Regioni (Titolo V della Costituzione) un chiaro indirizzo e coordinamento unitario nazionale per una disciplina che è, e deve rimanere, multilivello e multisettoriale.

Al fine di rendere operativa una politica forestale coordinata, nel Testo unico vengono previsti sette decreti attuativi concertati tra Ministeri e Regioni non solo per la definizione di una nuova Strategia forestale nazionale, ma soprattutto per costruire criteri e indirizzi minimi nazionali su temi di estrema attualità per il settore come la formazione degli operatori, l’iscrizione agli albi delle imprese competenti, il riconoscimento dello stato di abbandono colturale del bosco, gli indirizzi di gestione forestale e la predisposizione degli strumenti della pianificazione forestale. Il Testo unico si basa infatti, non solo su riconosciute considerazioni scientifiche, ma anche su un attento studio della normativa di settore vigente nelle 21 Regioni e Province autonome e una comparazione delle normative forestali adottate dai Paesi membri dell’UE che prevedono una attiva convivenza dell’interesse economico dei proprietari forestali (pubblici o privati) con l’interesse pubblico generale (ex multis Austria, Francia, Spagna, Germania). Nell’aggiornare le disposizioni già previste e consolidate con il Dlgs 227 del 2001, si introducono importanti innovazioni che non minano le competenze e le prescrizioni già previste dalle normative nazionali inerenti la conservazione ambientale e paesaggistica. Il Testo unico fornisce elementi tecnici e operativi che permetteranno, nell’attuazione delle norme regionali, di garantire una maggiore efficacia nell’intervento di tutela e gestione, a partire da una definizione comune di bosco, che consente di applicare più efficacemente e speditamente la normativa in materia ambientale e paesaggistica di competenza esclusiva dello Stato. Nel rispetto dell’autonomia sancita dall’art. 117 della Costituzione, le Regioni e le Province autonome possono integrare e specificare tale definizione, in relazione alle proprie esigenze e caratteristiche, così come quella delle aree assimilate a bosco e delle aree escluse dalla definizione di bosco, con il vincolo tuttavia (assente fino ad oggi) che non venga diminuito il livello di tutela e conservazione assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita.

Uno dei cardini del Testo unico rimane il ruolo della pianificazione forestale in considerazione del fatto che solamente il 15% della superficie forestale nazionale risulta oggi avere un piano di gestione vigente. La pianificazione forestale ritorna ad essere lo strumento base e imprescindibile per garantire il governo del territorio e tutelare le responsabilità dei proprietari (pubblici e privati) nelle scelte di gestione da adottare in relazione al contesto ecologico e socioeconomico locale. È importante ricordare che per l’ordinamento nazionale il Testo unico, come la normativa nazionale vigente, si deve limitare a fornire indirizzi e linee guida, nel rispetto delle quali sarà poi compito delle amministrazioni regionali e delle Province autonome individuare nella propria programmazione e pianificazione quelle aree meritevoli di conservazione assoluta e specifica, di restauro o di “gestione attiva” e le scelte gestionali da attuare.

Il Testo unico non prevede assolutamente, come paventato da alcuni male informati, di cambiare confini, regime di tutela e modalità di gestione di quel 27% del patrimonio forestale nazionale rientrante nelle aree protette e nella rete Natura 2000. Al contrario impone di adottare finalmente politiche integrate di pianificazione territoriale che riconoscano il ruolo dei boschi e dei sistemi forestali nei diversi contesti ecologico-territoriali e socioeconomici, con piani di gestione che definiscano chiaramente, se necessario, le scelte selvicolturali più idonee agli obiettivi di conservazione ed erogazione di tutti i servizi ecosistemici. Le amministrazioni regionali e delle Province autonome sono chiamate a promuovere esperienze che coniughino conservazione, sostenibilità e uso delle risorse locali valorizzando la fornitura di servizi ambientali di interesse pubblico e riconoscendo anche l’attivazione di schemi di pagamento dei servizi ecosistemici, in attuazione dell’art.70 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.

Il Rapporto di Forest Europe sullo Stato delle foreste europee al 2015 (http://www.foresteurope.org/docs/fullsoef2015.pdf) pone chiaramente in luce come, per tutti gli aspetti legati alla protezione e regolazione dei servizi ecosistemici, l’Italia abbia il più efficace sistema di tutela (vd. Indicatore 4.2A sui sistemi di rigenerazione – pag. 271; 4.3A sulla naturalità delle foreste – pag. 274 e seg.; sulle specie introdotte – pag. 277; 4.9A sulle aree forestali protette - pag. 286 e seg.; 5.1 e 5.2 sulle foreste a fini protettivi - pag. 289 e seg.; 4.8A sulla presenza di necromassa - pag. 278) e il Testo unico si prefigge di mantenere tale primato dell’Italia.

Alcuni commentatori, facendo riferimento agli articoli del Testo unico sui terreni abbandonati, paventano il rischio di un utilizzo improprio dello strumento dell’esproprio della proprietà privata. Il Testo unico non contempla affatto tale ipotesi. Introduce invece il concetto di superficie forestale o agricola abbandonata in coerenza con le indicazioni europee in merito ai pagamenti PAC, e che oltre ad essere già presente in diverse normative regionali vigenti, risulta nel contesto forestale nazionale di estrema attualità. La definizione e individuazione di superfici abbandonate permetterà di garantire, quando indispensabile in una prospettiva di interesse pubblico, una tutela attiva del patrimonio secondo quanto definito e previsto negli strumenti di pianificazione, anche in assenza di un esplicito consenso del proprietario. Tale ipotesi è finalizzata a garantire l'incolumità pubblica oggi rappresentata non solo dal dissesto idrogeologico ma anche dagli incendi, dalla propagazione di patogeni e fitopatie, dall’abbandono di detriti e rifiuti che possono mettere a rischio la stabilità del bosco e la sua capacità di fornire servizi ecosistemici. Se i proprietari non sono in grado di dare attuazione alle prescrizioni previste nei piani, soprattutto per quanto riguarda la protezione e l’erogazione di servizi ecosistemici utili alla comunità, il Testo unico prevede la sostituzione unicamente nella gestione del bene, e non l’esproprio, lasciando quindi intatto il diritto di proprietà.

Sono state date da alcuni commentatori indicazioni di lasciare “all’evoluzione naturale il patrimonio forestale italiano” ma tale affermazione non tiene in considerazione che il 92% della superficie forestale nazionale, secondo quanto registrato nell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatori di carbonio del 2005, è fortemente antropizzato, è stato utilizzato in maniera intensiva per secoli con una semplificazione della composizione delle specie e della struttura. In genere non si tratta, quindi, di foreste naturali, ad alta resilienza, ma di soprassuoli fragili, da indirizzare a condizioni di maggior stabilità. È per questo che nel Testo unico, accanto alla tutela e al riconoscimento dei valori di naturalità e di grande recupero avvenuto in questi decenni, si richiama con forte convinzione e su riscontrabili evidenze scientifiche, nazionali e internazionali, comprese le Risoluzioni di Forest Europe, la necessità di riprendere, nelle situazioni che la pianificazione riconoscerà come idonee, una “gestione attiva” del patrimonio forestale nazionale secondo i canoni della Gestione Forestale Sostenibile, per il mantenimento dell’alta biodiversità delle nostre fitocenosi e la prevenzione dei fenomeni di degrado, che il cambiamento climatico renderà sempre più frequenti e destabilizzanti. Il Testo unico indica infatti alle amministrazioni il compito di provvedere, oltre che alla tutela delle aree forestali storicamente gestite, anche al recupero e alla rinaturalizzazione delle aree degradate o abbandonate, in coerenza con i piani paesaggistici approvati e che abbiano contemplato l’argomento. Tali indicazioni sono state formulate in concerto con il MATTM e il MIBACT, che hanno contribuito alla stesura del testo del Decreto evidenziando gli obiettivi in materia di “tutela della natura e della biodiversità” nonché di “adattamento ai cambiamenti climatici” e di conservazione del paesaggio storico e del mosaico paesaggistico.

Infine il Testo unico, diversamente da quanto evidenziato da alcuni commentatori, non si concentra solamente sulla necessità di disciplinare le attività di gestione e promuovere lo sviluppo di filiere legate alla produzione di legname, ma considera anche il ruolo fondamentale, dal punto di vista socio-culturale e per lo sviluppo della bio-economia, dei prodotti forestali legnosi e non legnosi (funghi, tartufi, sughero, castagne, erbe aromatiche e medicinali, …), così come di tutte le attività turistico-ricreative, didattiche, sportive e culturali che sono legate alla presenza e gestione delle foreste. L’Italia ha grandi responsabilità nella gestione delle proprie foreste, responsabilità accresciute dal fatto che il paese dipende fortemente dall’importazione di legname dall’estero, una dipendenza che crea non di rado problemi molto critici alla qualità e stabilità delle risorse e delle comunità dei nostri fornitori, paesi che cercano di percorrere cammini di sviluppo sociale ed economico che l’importazione di legname, ancor più quando illegale, certamente non favorisce.

Inoltre, l’Italia, paese povero di risorse energetiche, ha una grande responsabilità nel definire modalità corrette di utilizzo di quella che è la prima risorsa rinnovabile nazionale (Rapporto SEN 2017). Il paese europeo più ricco di biodiversità forestale ha grandi responsabilità rispetto alla tutela di fenomeni di degrado sempre più evidenti, in gran parte dovuti al fatto che gli italiani non apprezzano il valore delle loro foreste, un capitale naturale che se fosse correttamente conosciuto e valorizzato sarebbe certamente meglio difeso. Sono queste le sfide che il Testo unico, nei limiti di un documento normativo, concertato in anni di lavoro con portatori di interesse e amministrazioni a vario ruolo competenti e sottoposto al vincolo pesante di non gravare sulle spese dello Stato, ha cercato di affrontare individuando alcuni strumenti di sviluppo. I “forti dubbi scientifici, tecnici e giuridici” espressi da alcuni commentatori rinforzano la convinzione che sia fondamentale proseguire e approfondire un dialogo tra le parti sociali che, al di là dell’auspicabile definitiva approvazione del Testo unico, apra, come il processo partecipativo dell’ultimo anno ha dimostrato possibile, una stagione di leale e costruttiva collaborazione nella gestione della più grande infrastruttura verde del paese e ad un riconoscimento della selvicoltura quale elemento fondamentale per lo sviluppo socio-economico e per la salvaguardia ambientale del territorio della Repubblica, nonché alla conservazione, alla crescita e alla razionale gestione del patrimonio forestale nazionale.

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