Era già chiaro 10 anni fa che una città di tre milioni di abitanti non poteva fare a meno di un inceneritore. Da allora ci sono stati tre sindaci e un’unica politica dei rifiuti: il rinvio.
La storia della discarica di Malagrotta, la più grande discarica di rifiuti di Europa, viene ricapitolata con particolare attenzione alla fase terminale in cui, essendosi esaurito lo spazio, la discarica dovrebbe essere chiusa. Viene anche descritto il mancato accordo fra i vari attori che impedisce di trovare una soluzione, portando Roma in direzione di una emergenza dei rifiuti. La questione viene inquadrata sulla base delle tecnologie disponibili e delle caratteristiche del ciclo dei rifiuti, compresi alcuni aspetti economici, di Roma e del Lazio.
Nella gestione dei rifiuti urbani, l’Italia appare come un paese a due o tre velocità. L’entità delle differenze che si riscontrano a questo proposito può in via preliminare essere messa in evidenza da una suddivisione in macroaree geografiche.
Questa è la relazione tenuta da Rosa Filippini al convegno organizzato dagli Amici della Terra nel 1995 sull’emergenza rifiuti a Milano. A leggerlo oggi, il testo è ovviamente datato. I numeri sulla diffusione della tecnologia in Europa e nel mondo sono diversi, la tecnologia degli inceneritori ha fatto grandi passi avanti da allora, la questione delle diossine non venne specificamente affrontata. Perché ripubblicarlo allora? Ma è semplice: questo testo è la dimostrazione che si può essere ambientalisti senza essere conformisti e irresponsabili. Nella gestione dei rifiuti, tabù e pregiudizi continuano a farla da padroni: la lotta culturale contro di essi non è dunque ancora oggi la vera priorità?
Primo di una serie, l’articolo introduce a un’analisi della gestione dei rifiuti urbani in Italia. L’individuazione dei dati statistici di base è indispensabile per comprendere le anomalie di questo settore ambientale.
Non si devono neanche nominare, perché la legge li ha di fatto soppressi. Niente più “inceneritori”, dunque, solo sinonimi: “termovalorizzatori”. Perché basta il nome ad aizzare le folle, si tratti di gente comune o camorristi, vescovi e missionari, esperti “di movimento o mosche cocchiere “verdi”. Anche l’inceneritore di Acerra ha avuto pessima stampa: si è detto che è un pericolo pubblico, che avvelena, addirittura che è un ferrovecchio che non funziona. Vero? Falso? Vito Iaboni ha sottoposto l’impianto a un’analisi rigorosa e ora ne espone i risultati. Con alcune sorprese.
Ascolta i canti delle principali specie di uccelli presenti nelle "Riserve Naturali del Lago di Tarsia e della foce del Fiume Crati" gestite dagli Amici della Terra.
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