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LA RISORSA RIFIUTI GETTATA VIA

Dacci oggi il nostro spreco quotidiano

di: Davide Tabarelli*
Uno spreco gigantesco – oltre i 4 miliardi di euro – che si rinnova ogni anno, ogni giorno, buttando in discarica i rifiuti urbani invece di bruciarli. I paesi che hanno chiuso le discariche lo hanno fatto solo grazie a un massiccio ricorso al recupero energetico.


 

Gli economisti dovrebbero avere l’ambizione di occuparsi dell’ottimale allocazione delle risorse. Fra queste vi sono i beni, quelle che hanno un prezzo, come l’energia, e poi vi sono le risorse non soggette a scambi, come l’ambiente. Tenendo presente ciò, è difficile trovare nella teoria e nella pratica un fallimento più clamoroso dello spreco che l’Italia ogni anno fa buttando in discarica 17 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, un po’ più della metà di quanti ne produce. Da una parte si aggrava il problema delle discariche, che nessuno vuole e, dall’altra, si buttano enormi quantità di energia contenuta nei rifiuti.

E’ un paradosso, una stupidaggine, un non senso economico, tenuto conto anche che l’Italia è il paese in Europa con il più debole sistema energetico, il più dipendente da importazioni dall’estero e quello con i prezzi più alti. Il termine “rifiuto” non è adatto ad un’economia intelligente, in quanto nessun bene che cessa di essere usato per lo scopo iniziale dovrebbe essere buttato in discarica. Nelle economie avanzate in termini di cultura ambientale, in Germania e nei paesi scandinavi, a valle della raccolta differenziata e del riciclaggio vi è anche il recupero energetico. L’esperienza dei paesi del Nord Europa e il semplice buonsenso suggeriscono che un livello di differenziata e riciclaggio oltre il 70% è impossibile. Riciclare all’infinito la carta o alcuni imballaggi non è fisicamente possibile ed è molto dannoso per l’ambiente a causa dell’impiego massiccio di energia e di composti chimici. I paesi che hanno chiuso le discariche lo hanno fatto solo grazie ad un massiccio ricorso al recupero energetico. 

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

La soluzione è impiegare ciò che non è più adatto al riciclaggio per risparmiare altre risorse, ad esempio i combustibili fossili, molto costosi e ambientalmente dannosi. Ogni chilo di rifiuti che finisce in discarica contiene circa 2500 chilocalorie di energia, un quarto di quello che c’è in un chilo di petrolio. Ciò significa che in discarica 17 milioni di tonnellate di rifiuti valgono almeno 4 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Semplificando ancora, siccome il prezzo del petrolio è di circa 600 euro per tonnellata, ciò significa che in discarica buttiamo via qualcosa come 2,4 miliardi di euro all’anno.

Alle stime economiche degli sprechi e dei danni, va aggiunto il costo di mantenimento delle discariche: anche qui, in maniera più rozza, è possibile stimare per i rifiuti smaltiti in discarica un costo di circa 100 euro per tonnellata, per un onere complessivo di 1,7 miliardi di euro, che porta il costo complessivo oltre i 4 miliardi di euro. Gli altri costi sociali e ambientali delle discariche sono più difficili da quantificare, ma sono sotto gli occhi di tutti.

Non è che dall’oggi al domani si possano prendere i sacchetti dell’immondizia e mandarli nei serbatoi delle macchine o nelle centrali elettriche al posto del gas dei cicli combinati. Esistono però delle soluzioni, tecnologicamente avanzate e non a caso adottate da tempo nel Nord Europa, che permettono, dopo una intensa raccolta differenziata, di impiegare ancora quello che rimane per fare energia. Ovviamente anche da noi abbiamo moderni termovalorizzatori che prendono i rifiuti tal quale da bruciare. Ma da tempo esistono già degli impianti che bruciano combustibili fossi e che potrebbero impiegare anche i combustibili ottenuti dai rifiuti, evitando la necessità di costruire nuovi forni e camini.

Una di queste soluzioni è il combustibile solido secondario, o CSS, da poco normato in Italia e che viene ottenuto da rifiuti non riciclabili opportunamente deumidificati e privati di metalli. E’ una soluzione ottimale a valle del riciclo, in quanto permette di valorizzare le grandi quantità di materiale che non possono essere riciclate. Il CSS è un prodotto che viene impiegato direttamente nei forni dei cementifici, caratterizzati, diversamente dai forni di altri processi industriali, dal diretto contatto fra fiamma e materia prima, sostanzialmente calcare e argilla.  Bruciando, viene liberato calore e i composti rimanenti della combustione sono fissati assieme al prodotto che esce dal forno, il clinker che poi, miscelato con altre sostanze, diventa cemento.

I camini dei cementifici esistono già e si tratta di sostituire carbone e petrolio d’importazione, i prodotti tipici utilizzati nei forni, con questo combustibile derivato dai rifiuti, che è una risorsa nazionale e che viene oggi interamente mandato in discarica. Già alcuni cementifici in Italia usano questo prodotto, ma per volumi inferiori alle 100 mila tonnellate l’anno, mentre le potenzialità sono dell’ordine di 2 milioni di tonnellate.

I comuni, a cui spetta l’ultima parola nelle autorizzazioni, sono terrorizzati appena sentono la parola rifiuti o prodotto ottenuto con i rifiuti. E’ un peccato anche perché molti cementifici stanno soffrendo ed una delle misure che potrebbero salvare lo stabilimento dalla chiusura è quella di usare combustibili a prezzi più bassi, come sarebbe il CSS.

Circa le emissioni dalla sua combustione, ovviamente andrebbero rispettati i vincoli, molto severi, imposti dalla regolazione comunitaria e, sotto certi aspetti, il processo nel forno è più favorevole rispetto a quello degli inceneritori.  Fra l’altro, i cementifici, per potere bruciare il CSS, devono ottenere la VIA e ciò impone limiti alle emissioni molto inferiori a quelli che l’impianto dovrebbe rispettare con i vecchi combustibili.

Oltre ai cementifici, anche le grandi centrali elettriche a carbone, non numerose come in Germania ma pur presenti anche in Italia, possono tranquillamente bruciare CSS. La centrale a carbone di Fusina, vicino a Venezia, ogni anno brucia circa 40 mila tonnellate di combustibili ottenuti da rifiuti, quelli che anni fa venivano chiamati combustibili derivati da rifiuti, o CDR, e che oggi sarebbero CSS, aiutando enormemente il comune di Mestre ad evitare problemi con le discariche.

Un paese povero di risorse energetiche come l’Italia, con enormi quantità di materia prima che finisce in discarica, dovrebbe cominciare a spingere maggiormente su questa soluzione. Il CSS, in cementificio o nelle centrali elettriche a carbone, non è certamente risolutivo del problema delle discariche, ma, a valle di un sistema di riciclaggio spinto, aiuterebbe molto. Il buon senso, prima dell’economia e dell’ambientalismo, ce lo richiede.

 

*Presidente e fondatore di Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente.

 

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