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LE BIOMASSE NEL PIANO ENERGIA CLIMA

Per l’Economia delle Aree Interne e nell’Interesse del Bosco

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di: Vanessa Gallo*
Il tema della produzione di energia da biomasse si lega alla storia dell’uomo. Dall’età del fuoco a oggi, l’impiego delle biomasse legnose a fini energetici è un tema di primo piano a livello mondiale, dall’Europa ai paesi in via di sviluppo. L’autrice, segretario generale di FIPER, la Federazione Italiana Produttori di Energia Rinnovabile ci spiega cosa sono le biomasse, che ruolo hanno e che ruolo dovrebbero avere nel Piano energia e clima per l’Italia.


Con il termine “biomassa”, ai fini del riconoscimento degli incentivi per la produzione di energia da fonte rinnovabile, il Ministero dello Sviluppo Economico ha definito un elenco di sottoprodotti [1] provenienti da attività agricola, di allevamento, di gestione forestale, nonché dalla prima lavorazione di attività alimentari e agroindustriali. Si passa dai residui legnosi, ai reflui zootecnici, agli scarti di lavorazione di prima trasformazione del legno, ai residui della trasformazione della frutta. L’obiettivo è valorizzare i residui derivanti da altri processi produttivi a fini energetici. È presente poi un elenco di prodotti[2],, formato da specie erbacee e arboree, a cui viene riconosciuto un incentivo inferiore sulla produzione di energia rinnovabile. Nel novero della definizione di biomasse rientra anche la frazione biodegradabile dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata.

Riguardo la trasformazione energetica, si passa dalla combustione e/o gassificazione della biomassa legnosa alla digestione anaerobica degli impianti a biogas per le matrici agricole e reflui zootecnici. Recentemente sono stati avviati anche i primi impianti di biometano alimentati principalmente a Forsu (frazione organica del rifiuto solido urbano).

Nel bel Paese abbiamo assistito a diverse fasi di sviluppo; i governi, in passato, hanno favorito l’avvio di grandi impianti di produzione di energia elettrica riconoscendo i certificati verdi e un coefficiente moltiplicativo applicato sugli stessi (k=1,8) per l’impiego di biomassa da filiera o di accordi quadro (anni 2002-2012); successivamente (dal 2012 ad oggi), con l’introduzione della tariffa omnicomprensiva, si è voluto favorire maggiormente la generazione distribuita.

Il gigante dormiente, ovvero la produzione termica da fonti rinnovabili (FER), seppur contabilizzata a partire dal Piano d’Azione Nazionale-PAN, non è oggetto di una valutazione politica di medio lungo periodo. Una vera e propria strategia a livello nazionale sulla produzione di energia termica da fonti rinnovabili non è mai stata definita pur rappresentando oltre un terzo (7,3 Mtep) del totale delle FER stimato in 21 Mtep. Nel paniere delle FER termiche, le biomasse occupano un posto di primo piano con circa il 67% seguite dalle pompe di calore. Le FER termiche sono strettamente interconnesse con gli interventi di efficienza energetica.

Negli anni, il legislatore ha promosso le FER termiche attraverso il conto termico per la sostituzione degli apparecchi domestici o di piccole caldaie e il riconoscimento dei titoli di efficienza energetica alle reti di teleriscaldamento a biomassa, che ha funzionato sino al 2011, anno di entrata in vigore del nuovo Decreto ministeriale sui TEE che ha di fatto “bloccato” lo sviluppo di nuove iniziative.

Le biomasse, spesso annoverate tra le principali cause della formazione delle polveri sottili nel bacino padano, rappresentano un’importante risorsa da impiegare a fini energetici se opportunamente impiegate in sistemi industriali con sistemi di abbattimento delle emissioni super performanti (vedasi filtri a manica degli impianti di Teleriscaldamento, TLR) o apparecchi domestici ad alta efficienza.

In termini ambientali[3], il servizio di TLR a biomassa permette di conseguire un risparmio di energia fossile primaria[4] compreso tra il 60% e il 80%, un valore molto elevato rispetto all’impiego di altri combustibili fossili e non. Risparmi analoghi si registrano per l’anidride carbonica (CO2) immessa nell’atmosfera. Da questa prospettiva, il TLR a biomassa è tra le tecnologie più performanti e non ha rivali in termini di produzione di energia rinnovabile e riduzione di emissioni climalteranti. Un impianto di dimensioni medie (circa 5 MW) rispetto all’utilizzo dei dispositivi domestici a biomassa consente di evitare emissioni per circa 10 tonnellate di polveri su base annua.

In questi anni, in cui si è avvertita una mancanza di analisi complessiva del comparto, FIPER ha posto all’attenzione del legislatore e dell’Antitrust la concorrenza “sleale” nel mercato di approvvigionamento delle biomasse legnose tra gli impianti produttori di energia elettrica che beneficiavano dei certificati verdi e del coefficiente k=1,8 e gli impianti di teleriscaldamento a biomassa beneficiari esclusivamente dei titoli di efficienza energetica. L’Antitrust ha riconosciuto tale disparità di trattamento inviando al Governo una segnalazione affinché venisse favorita la concorrenza nel mercato delle biomasse legnose. Tramite la segnalazione S1820, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato- AGCM ha evidenziato che la concorrenza tra gli impianti "per acquistare gli input necessari è distorta quando solo alcuni di essi accedono ad incentivi mentre altri no, in quanto" i primi "possono offrire - proprio grazie agli incentivi - prezzi per l'acquisto" della biomassa " artificialmente più alti di quelli offerti dagli impianti non incentivati, imponendo a questi ultimi di sostenere una spesa più elevata per il proprio approvvigionamento.” La segnalazione dell’Antitrust del 2012 è stata poi recepita in via indiretta, e solo in parte, dal Governo attraverso il regime di incentivazione attualmente in corso che ha sostituito i certificati verdi con la tariffa onnicomprensiva.

Di recente, all’interno della Legge europea, il Governo ha abrogato l’estensione del periodo di incentivazione per la produzione di energia elettrica agli impianti a biomassa[5].

Questa, in sintesi, l’evoluzione storica, mentre oggi è evidente un clima di stallo e incertezza che riguarda tutto il settore. Manca, a livello governativo, una vera discussione e analisi su come mantenere la generazione acquisita da biomasse e su quali filiere puntare per rilanciare la filiera e l’economia del bosco.

La recente emanazione del Testo Unico Forestale rappresenta una grande opportunità per incrementare i prelievi legnosi sul territorio nazionale e promuovere fattivamente l’economia del bosco. L’Italia dispone di un patrimonio forestale di grande valore ambientale ed economico, triplicato negli ultimi 100 anni. Circa 11,8 milioni di ettari pari al 39% dell’intera superficie nazionale, portano l’Italia ad avere un coefficiente di boscosità - cioè la superficie forestale rapportata alla superficie nazionale complessiva - più alto di quello registrato in Germania e in Francia. L’Italia ha il tasso di prelievo per ettaro di superficie forestale più basso dell’Unione Europea ed ha un tasso di crescita di circa 1.000 metri cubi ogni minuto. Questo indicatore è un segnale di inefficienza produttiva e ambientale; da sempre il bosco può essere coltivato e, comunque, gestito accuratamente. Favorire l’incremento dei prelievi legnosi nel rispetto della biodiversità e dei criteri di sostenibilità previsti dal Testo Unico Forestale rappresenta un importante volano di sviluppo locale per le aree interne e la possibilità di disporre di legno nazionale da impiegare nelle filiere produttive ed energetiche. Solo la filiera bosco-legno-energia produce per ogni euro investito nel teleriscaldamento un impatto complessivo sul sistema economico di circa 2,65 €.  Sul fronte occupazionale, invece, per ogni Unità lavorativa annua, ULA, impiegata dal TLR ne vengono attivate 15,5 lungo tutta la filiera e nelle imprese collegate[6].

Peraltro, il tema riguarda solo in parte la produzione energetica: si lega infatti alla gestione del territorio e allo sviluppo economico delle aree interne. La questione di fondo riguarda infatti la sostenibilità economica, ambientale e sociale di questi impianti post periodo di incentivazione.

L’evoluzione degli impianti è strettamente collegata al consolidamento delle filiere di approvvigionamento di biomassa legnosa e agricola; il rischio di un mancato riconoscimento al servizio ambientale dato dalla due filiere, rischierebbe di pregiudicare il lavoro svolto sinora.

Il mancato coinvolgimento del Ministero delle Politiche Agricole Forestali, Alimentari e del Turismo- MIPAAFT nella redazione della Strategia Energetica Nazionale-SEN e ora nel nel Piano Clima Energia è un segnale di scollamento tra scelte di politica energetica e quelle di politica agricola e forestale. Il Piano Clima Energia ha il grande merito di aver per la prima volta fatto una sintesi tra questione energetica e salvaguardia del clima, coinvolgendo anche il Ministero delle infrastrutture e trasporti. I servizi ambientali che le filiere biogas/biomasse forniscono al settore agricolo e forestale rappresentano un modello di agricoltura e silvicoltura sostenibile da promuovere anche con misure specifiche all’interno del nuovo Piano di Sviluppo Rurale. 

 L’obiettivo di aumentare i prelievi legnosi da parte del MIPAAFT con la messa in atto dei decreti attuativi del Testo Unico Forestale presuppone un’analisi congiunta con il Ministero dello Sviluppo Economico riguardo le filiere da promuovere in modo sinergico. La sostenibilità ambientale dell’incremento dei prelievi legnosi a fini energetici è un dato che deve essere considerato nel costo-opportunità della produzione del kWh termico e elettrico: l’incremento dello stock di carbonio, la riduzione delle emissioni, le azioni di prevenzione per i rischi idrogeologici.

La sostenibilità ambientale si lega poi a quella economica: il parco di impianti esistenti a biomassa può competere sul mercato post periodo di incentivazione? E l’Italia può raggiungere gli sfidanti obiettivi europei di produzione di energia rinnovabile al 2030 senza le biomasse?

Nel Piano Clima Energia, il Governo afferma da un lato, che l’attuale produzione elettrica da bioenergia debba essere preservata, salvo una riduzione relativa ai bioliquidi che vengono disincentivati, dall’altro riconosce un certo sviluppo del teleriscaldamento a biomassa. Tuttavia, gli operatori sono in attesa da quasi due anni del decreto FER 2 per la produzione di energia elettrica da biomasse/biogas e, dal 2011, attendono la revisione del DM sui titoli di Efficienza Energetica per le reti di teleriscaldamento a biomassa …

E dire che le biomasse sono le uniche fonti programmabili che possono svolgere anche un servizio per il bilanciamento di rete, laddove ci sia un eccesso di domanda rispetto all’offerta di energia rinnovabile prodotta da fotovoltaico ed eolico.

Inoltre, nel comparto delle FER termiche, vi sono ampi spazi di sviluppo di nuove iniziative di teleriscaldamento a biomassa legnosa.  In un’ottica di indirizzo e di pianificazione del territorio, la convenienza di una filiera energetica va sempre valutata tenendo conto sia delle esigenze dell’utente finale, sia delle ricadute generali sul sistema (impatti economici sul territorio locale, sulla salute degli abitanti, sull’ecosistema, ecc.). Come abbiamo visto, il teleriscaldamento permette la gestione attiva forestale a km zero e redistribuzione del reddito sul territorio[7]. Altra considerazione politica di estrema importanza che impatta inevitabilmente a livello economico è data dall’autonomia energetica dalle fonti fossili che i Comuni conseguono attraverso l’avvio di impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa.

Noi crediamo che senza l’apporto delle biomasse, difficilmente potranno essere perseguiti gli obiettivi europei previsti al 2030.  Al fine di salvaguardare questa realtà senza gravare sulle bollette dei consumatori, o perlomeno contenendo e riducendo l’incidenza degli aiuti alle FER sulla pressione fiscale, occorrerebbe:

- favorire maggiormente la conversione degli impianti di biogas alla produzione di biometano, allargando in primo luogo la tipologia di biomasse utilizzabili[8] pur nel rispetto dei vincoli di sostenibilità ambientale previsti dalla RED2 (misura biogas agricolo);

- massimizzare, all’interno della futura PAC 2021-2027, il riconoscimento economico dei servizi ambientali forniti dagli impianti a biogas nel settore agricolo a seguito dell’applicazione di buone pratiche aziendali[9]  finalizzate alla riduzione delle emissioni climalteranti da impianti e terreni, all’aumento del contenuto di carbonio nel suolo e a un ottimale ciclo dell’azoto (misura biogas agricolo);

- riconoscere un ruolo di primo piano alla filiera legno-energia nei decreti attativi del TUF, Testo unico foreste, attualmente in fase di preparazione;

- consentire agli impianti esistenti di fornire alla rete più energia nelle ore di maggiore richiesta: per esempio, dando l’opportunità a un impianto di 500 kW elettrici che attualmente cede energia per 24 h/giorno di aumentare la sua potenza a 1 MW cedendo la stessa quantità di energia in 12 ore, durante le quali può essere maggiormente valorizzata dal mercato (misura biogas agricolo- biomasse);

- elevare i limiti di potenza per lo scambio sul posto, dagli attuali 200 kW a 1 MW o più, e stabilire un meccanismo equo di calcolo degli oneri di sistema per gli impianti che cedono energia a comunità locali (misura biogas agricolo-biomasse);

- avviare in tempi rapidi il “Capacity Market”, al fine di consentire agli operatori dei piccoli impianti associati tra loro di valutare le reali possibilità di accesso alla fornitura di questi servizi, in particolare al bilanciamento delle FER non programmabili (misura biogas agricolo-biomasse);

- prevedere un sostegno ridotto alla produzione elettrica da biomassa.

Il recepimento della Direttiva RED 2 rappresenta quindi una grande occasione per fare chiarezza a livello governativo e puntare alla massima concertazione tra i ministeri competenti, per favorire modelli di business legati all’impiego delle biomasse/biogas sostenibili.

Il futuro delle aree interne è parte integrante dell’economia del paese; non possiamo permetterci di abbandonarle nell’oblio. I guardiani del territorio svolgono un ruolo di interesse nazionale e collettivo, preserviamolo!

 

*segretario generale di FIPER, Federazione Italiana Produttori di Energia Rinnovabile

 

NOTE


[1] Tabella 1A Decreto 6 luglio 2012

[2] Tabella 1B Decreto 6 luglio 2012

[3] Per maggiori approfondimenti, vedasi studio realizzato dal Politecnico di Milano:” Teleriscaldamento a biomassa: un investimento per il territorio. http://www.fiper.it/fileadmin/user_upload/biblioteca/libroFIPER-teleriscaldamento-a-biomassa-un-investimento-per-il-territorio.pdf

[4] Valore calcolato tenendo conto anche dell’energia elettrica consumata e di ogni operazione legata alla produzione del combustibile

[5]  il co. 149 dell’art. 1 della l. 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), prevedeva un periodo supplementare di 5 anni di fruizione degli incentivi (nella misura dell’80% di quanto riconosciuto dal d.m. del 6 luglio 2012) per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biomasse che “hanno cessato al 1° gennaio 2016 o cessano entro il 31 dicembre 2016” di fruire dei certificati verdi.

[6] Per maggiori approfondimenti, vedasi studio realizzato dal Politecnico di Milano:” Teleriscaldamento a biomassa: un investimento per il territorio. http://www.fiper.it/fileadmin/user_upload/biblioteca/libroFIPER-teleriscaldamento-a-biomassa-un-investimento-per-il-territorio.pdf

[7] Vedasi a riguardo i risultati dello Studio realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano:” Teleriscaldamento a biomassa: un investimento per il territorio. http://www.fiper.it/fileadmin/user_upload/biblioteca/libroFIPER-teleriscaldamento-a-biomassa-un-investimento-per-il-territorio.pdf

[8] Possibilità di aumentare la quota di coltivazioni energetiche, di utilizzare di sottoprodotti agro-industriali, etc.

[9] Distribuzione del digestato tramite interramento, copertura degli stoccaggi di liquami e/o digestato, adozione di secondi raccolti, ecc.

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