Tags: Energia, Fonti rinnovabili, Strategie energetiche, Acqua

VALORIZZARE L’IDROELETTRICO ESISTENTE

Umile, preziosa e sprecata

di: Alberto Cuppini
A proposito di elettricità da fonte rinnovabile in Italia: perché non si prende in considerazione una mossa semplice e sensata come un aumento dell'efficienza del patrimonio idroelettrico già presente, attraverso una maggior cura nella sua manutenzione, senza provocare ulteriori costosi danni ambientali e sfregi paesaggistici?



L’energia idroelettrica rappresenta oggi, in Italia, un patrimonio da rivalorizzare. Esso avrebbe anche il vantaggio di essere il back up ideale per le fonti rinnovabili non programmabili che per la loro imprevedibilità stanno causando tanti guai alle reti e tanti oneri di dispacciamento. Leggiamo a questo proposito quanto scritto nel recente studio dell’ RSE SpA (Ricerca Sistema Energetico) “Energia elettrica, anatomia dei costi”:

“Per la sua estrema flessibilità, l’idroelettrico a bacino e a serbatoio, così come gli impianti di pompaggio, si presta bene alla fornitura di servizi di riserva e bilanciamento, ad esempio per compensare la variabilità della generazione da fonti rinnovabili non programmabili – quali l’eolico e il solare – garantendo in tal modo un esercizio in sicurezza del sistema elettrico”.

Questo stesso documento della RSE ci informa che nel quadriennio 2010-2013 (durante il quale si è realizzata l'improvvisa abnorme installazione di impianti eolici e solari indotta da un eccesso di incentivazione) i costi di dispacciamento necessari per tale "esercizio in sicurezza del sistema elettrico" sono più che raddoppiati rispetto al 2009, ad un inaccettabile ritmo medio di 500 milioni di euro in più ogni anno, e sono attesi in ulteriore crescita.  

Perché allora non approfittare dell'idroelettrico esistente con la massima determinazione? Continua lo studio dell’RSE, pur senza giungere alle inevitabili conclusioni logiche:

La potenza efficiente lorda degli impianti idroelettrici operativi è quasi raddoppiata dal 1963 ad oggi, mentre … la produzione lorda nello stesso periodo è aumentata in maniera più ridotta (a dire il vero non è aumentata affatto, attestandosi attorno ad una media di 50 TWh l’anno. ndr); è quindi evidente che il concorso dei fattori suddetti (interrimento dei serbatoi, necessità di riserva per la laminazione delle piene, Deflusso Minimo Vitale e invecchiamento delle infrastrutture) ha prodotto una consistente riduzione di producibilità per gli impianti più vecchi, in particolare di quelli di grande e media taglia”.

Incredibile ma vero: una produttività elettrica, a suo tempo senza pari al mondo, da fonte idro si è dimezzata dopo 50 anni per "interramento dei serbatoi e invecchiamento delle infrastrutture"! Uno sperpero immotivato, noncurante; il nostro "oro bianco" scialacquato - termine quanto mai appropriato - per pura incuria. Eppure, nonostante tutto, lo scorso anno esso ha assicurato, da solo, la metà dell'energia elettrica prodotta in Italia da fonti rinnovabili.

E dunque, stando così le cose e per elementare deduzione, si potrebbe recuperare un potenziale idroelettrico tale da garantire un aumento annuo della produzione di energia – in questo caso veramente pulita e assolutamente programmabile – nell’ordine delle decine di Twh, raggiungendo perciò automaticamente pure gli obiettivi europei al 2030, anche solo cominciando a scavare con i bulldozer i fondali dei bacini che già ci sono per ripulirli. Il calcolo delle TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) risparmiate sarebbe imbarazzante per i sostenitori dell'eolico industriale nell'Italia senza vento utile.

I costi? Una frazione di quei 20 miliardi di euro che si spenderanno ogni anno nei prossimi anni (anche senza ulteriori incentivi) per garantire i 15 miliardi di sussidi già promessi alle nuove fonti rinnovabili elettriche,  più gli altri costi indotti dalle fonti intermittenti, in particolare i costi di dispacciamento, aumentati in termini astronomici.

Anzi: con un’equa tassazione di scopo delle rendite già in essere a favore delle fonti rinnovabili non programmabili, che sono la sola causa di questi oneri in crescita insostenibile (e che oggi non comprendono neppure gli inevitabili capacity payment prossimi venturi, per una spesa annua del "mercato della capacità" ottimisticamente stimata dall' RSE in 1,7 miliardi di euro al 2030), il programma di manutenzione ordinaria e straordinaria delle dighe storiche italiane avverrebbe a costo zero per i consumatori. Una strategia di questo tipo riporterebbe il Governo nei binari del forte impegno assunto dallo stesso Presidente del Consiglio, fin dal suo ambizioso discorso di insediamento, a ridurre l'onere degli incentivi sulle bollette elettriche delle piccole e medie imprese. 

La credibilità di quell’impegno, di recente, è stata messa in discussione dall’ improvvisa e sconcertante giravolta del Ministero dello Sviluppo Economico, di nuovo orientato ad una maggiore prodigalità nella spesa per gli incentivi all'eolico, come riferito di recente dall’AstrolabioEvidentemente, le pressioni sul Governo per allargare i cordoni della borsa e fissare nuovi tetti di spesa per gli incentivi ad ulteriori impianti di rinnovabili elettriche (in particolare eolici) devono essere molto forti e insistono su diversi fronti.  Uno di questi, riguarda proprio l’idroelettrico e consiste nell’utilizzo delle dighe solo come capacità di riserva a costo zero al fine di ridurre i costi di dispacciamento,  giunti a livelli ormai insopportabili.  Si ridurrebbe così l'importo di molte voci contabili del capitolo "dispacciamento", che sono molteplici. Ma, così facendo, altre voci di costo in bolletta ed in particolare nella componente A3, ovviamente aumenterebbero, qualora si intendesse mantenere la stessa produzione elettrica da fonti rinnovabili del 2014. Se simili proposte si facessero strada, tutta la principale risorsa energetica italiana sarebbe ridotta ad un ruolo meramente ancillare delle ben più costose rinnovabili non programmabili: il rovesciamento della logica! Parafrasando la legge di Gresham per adattarla all'ecologia all'italiana: "La fonte rinnovabile cattiva scaccia quella buona".

Riepiloghiamo dunque le tappe fondamentali di questo tortuoso cammino della recente politica energetica italiana e il suo tormentato rapporto con le fonti rinnovabili elettriche non programmabili:

1) avevamo uno dei più grandi patrimoni idro del mondo;

2) lo abbiamo a lungo trascurato;

3) è sorta, a seguito delle direttive UE sui cambiamenti climatici, l'esigenza di produrre elettricità da fonti rinnovabili;

4) abbiamo a tal fine privilegiato fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) rivelatesi insieme le più costose per gli incentivi (oltre 200 miliardi dovranno essere graziosamente distribuiti entro il 2031) e le meno programmabili;

5) ci si è accorti a posteriori ( ! ) dell'impossibilità di accumulare, a costi accettabili, grandi quantità di energia elettrica prodotta da pale e pannelli anche quando non serve, e che è ormai inutile continuare a sperare in miracolistiche innovazioni negli accumuli;

6) la scarsa programmabilità ha perciò provocato un aumento nei costi annui di dispacciamento di 2 miliardi nel solo quadriennio 2010-2013 per mantenere in equilibrio tutto il sistema elettrico nazionale. Imputando tali aumenti, con una grossolana ma efficace semplificazione, alle rinnovabili non programmabili che nel 2013 hanno prodotto circa 37 TWh (21,5 il solare e 14,8 l'eolico), ricaviamo che il costo medio di dispacciamento del MWh non programmabile - anche trascurando gli aumenti già generati negli anni precedenti - è nell'ordine dei 50 euro, e perciò superiore persino all'attuale prezzo di mercato del MWh elettrico;

7) per ridurre i costi di dispacciamento qualcuno sta già pensando di sacrificare la produzione idroelettrica, mantenendo l'acqua delle dighe come pura riserva e riducendo così drasticamente la produzione della fonte principale di energia rinnovabile.

Così il cerchio si chiude. Un cerchio che, qualche anno fa, sarebbe sembrato inverosimile e che, invece, è già realizzato in gran parte.

Renzi è al corrente degli immani costi per il Paese delle FER non programmabili e di queste pressioni? E, all'opposto, conosce le potenzialità degli impianti idroelettrici che già abbiamo? E’ appena il caso di notare che la questione è abbastanza importante perché non sia lasciata ai margini del dibattito politico, in balia delle pressioni esercitate da chi, grazie agli incentivi già accumulati, ha molte risorse da investire. 

Foto di copertina pubblicata dal sito progettodighe.it  (diga di Barcis in Valcellina, Pd)

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