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GLI IDROCARBURI NELL’ADRIATICO - GIACIMENTI DI PELAGOSA

L’Isola del Tesoretto

Scritto il .

di: Leonello Serva
Gli esperti parlano della possibilità di raddoppiare la produzione italiana di idrocarburi (petrolio e metano) entro il 2020. Si tratta dei giacimenti in Adriatico sia vicino all’isola di Pelagosa (fra il Gargano e Spalato in Croazia, vedi Fig. 1), sia al largo di Chioggia (dove vi sono 16 giacimenti, non ancora messi in produzione, per un totale di circa 30 miliardi di metri cubi di gas). E’ una quantità consistente in proporzione al fabbisogno italiano (le cifre sono indicate nella breve introduzione ai due articoli).


Fig.1. Ubicazione dell’Arcipelago di Pelagosa

L’Arcipelago di Pelagosa è composto da due isole (Pelagosa Grande e Pelagosa Piccola con isolotti minori), colonizzate a suo tempo da pescatori ischitani. E’ stato sotto sovranità italiana (insieme alle isole di Lagosta e Cazza, provincia di Zara) dalla fine della Prima guerra mondiale alla fine della Seconda guerra mondiale (1918-1947). Con il Trattato di pace, è stata ceduta alla Croazia, che le ha dato il nome di Palagruza. Pelagosa, salvo una breve occupazione austriaca, è stata per secoli territorio del Regno di Napoli e ancor prima della Repubblica di Venezia. Pelagosa è comunque più vicina alla costa italiana (Gargano) che a quella croata (Dalmazia), ed è ancor più vicina all’isola italiana di Pianosa, la più esterna delle Isole Tremiti. L’isola fa ora parte del «blocco 19»: 1.448 chilometri quadrati di Adriatico indicati su una mappa preparata dal governo di Zagabria. Uno spicchio d’acqua che, insieme ad altri 28 spicchi che coprono in pratica l’intero Adriatico, poco più di un mese fa, sono stati messi a gara dall’amministrazione croata per la ricerca e lo sviluppo di idrocarburi. Secondo il ministro degli esteri croato, sotto i 12 mila chilometri quadrati di mare ci sono 3 miliardi di barili, divisi in 29 concessioni.

In termini geologici, è possibile considerare più in generale la potenzialità di idrocarburi presenti nel sistema Avanfossa-Avanpaese appenninico (la zona color ocra della Fig. 2).  Con questi termini, Avanfossa (in inglese: foredeep) e Avanpaese (foreland), si indicano le strutture che corrono in parallelo ad una catena montuosa geologicamente in formazione come l’Appennino. Come si può notare dal profilo perpendicolare alla catena appenninica, riportato in basso a sinistra nella stessa figura e la cui traccia è indicata in celeste sulla mappa, questa ampia zona (Foredeep e Foreland del profilo; la cui estensione, non è completa in quanto il Pelagian Foreland di Fig. 3 si estende sino alla costa africana) non ha subito e non subisce le marcate deformazioni tettoniche che interessano la catena appenninica propriamente detta, con i suoi tanti terremoti, e la zona tirrenica, costellata di vulcani, alcuni dei quali ancora attivi (thrust and fold belt e back-arc zone del profilo suddetto).

Con tali caratteristiche, quest’area presenta tutte le premesse geologico-strutturali per poter ospitare estesi giacimenti di idrocarburi; di gas nell’Avanfossa e di gas e petrolio in Avanpaese, come si può notare nel profilo in Fig. 2. In particolare, secondo l’articolo: “Italy - Petroleum System”, pubblicato dall’American Association of the Petroleum Geologists: “In this framework, several petroleum systems have developed, some of which are of paramount economic importance and make Italy the most important hydrocarbon province of the southern Europe”. 

Fig. 2. Suddivisione geodinamica del territorio italiano.

Da: www2.aapg.org, modificato.

 

Fig. 3. Immagine allargata della suddivisone geodinamica di Fig. 1. Da E. Zappaterra. Source-Rock Distribution Model of the Periadriatic Region. AAPG Bullettin, 78: 333-354, 1994.

Queste strutture geologiche contenenti idrocarburi (petroleum systems) possono essere suddivise in 3 gruppi:

1) Gas biogenico dell’Avanfossa Plio-quaternaria (cerchietto verde chiaro nel profilo di Fig. 2).

2) Gas termogenico nell’Avanfossa Terziaria sovrascorsa (cerchietto verde scuro nel profilo di Fig. 2).

3) Petrolio e gas termogenico nel substrato carbonatico dell’Avanpaese (cerchietto rosso nel profilo di Fig. 2).

Per quanto riguarda il gas biogenico e termogenico situato nei sedimenti terrigeni dell’Avanfossa (primi due punti suddetti), la situazione al 2000 è riportata in Fig. 4. La ricerca del gas biogenico iniziò subito dopo la Seconda guerra  mondiale nella parte centrale della Pianura Padana e progressivamente si è spostata verso est e in Adriatico. L’esplorazione in questo contesto geologico-strutturale è ormai matura e non ci si aspettano in futuro ritrovamenti consistenti di gas biogenico. Accumuli interessanti di gas termogenico potrebbero essere ancora presenti nei sedimenti terziari intensamente deformati nelle aree frontali della catena appenninica. In questo caso, l’esplorazione risulta problematica a causa della scarsa qualità dei rilievi sismici a riflessione.

Fig. 4. Gas biogenico e termogenico scoperto sino al 2000. Da: www2.aapg.org

Per quanto attiene al gas termogenico ed al petrolio di cui al punto 3., la situazione al 2000 è riportata sempre nella Fig. 4 e nella Fig. 5, rispettivamente.

Fig. 5. Petrolio scoperto sino al 2000 in aree di Avanpaese. Da www2.aapg.org

E’ ora interessante analizzare i diagrammi di Fig. 6. Come si può notare, mentre la produzione di gas proveniente dai sedimenti di Avanfossa sta raggiungendo un asintoto, la produzione di petrolio nei terreni dell’Avanpaese ha un andamento a gradini.

Il lavoro sopra citato evidenzia che, con la produzione attuale, restano ancora da estrarre gas per almeno altri 14 anni e petrolio per 17 anni.

Fig. 6. Andamento delle quantità cumulative estratte in Italia sino all’anno 2000: a) gas-biogenico e termogenico in Avanfossa; b) petrolio in aree di Avanpaese. I nomi seguiti dalle frecce indicano i giacimenti scoperti nel tempo. Da: www2.aapg.org

Sulla base di quanto sopra, si possono proporre due conclusioni.

Primo: In un precedente articolo de L’Astrolabio del 12 marzo 2013, veniva evidenziato quanto ancora ci sia da scoprire in merito alla quantità di materia organica immagazzinata nel corso delle ere geologiche nella crosta terrestre. In altre parole, quanta materia organica fossile (combustibili fossili) sia ancora da scoprire. Chi scrive ritiene che l’offshore italiano sia sostanzialmente ancora alle fasi iniziali della esplorazione sistematica. Data la vastità di questo offshore, le caratteristiche geologico-tettoniche sopra descritte, le potenzialità già accertate in altre aree di questo enorme Avanpaese (vedi l’offshore libico e quello  israeliano), ci si può attendere che altri significativi giacimenti verranno individuati nei prossimi anni.

Secondo: I giacimenti individuati, di cui si è parlato all’inizio di questo articolo, rientrano nelle acque territoriali italiane e croate. La Croazia, con la recente apertura all’esplorazione petrolifera del suo settore di Adriatico, ha mostrato la volontà di procedere velocemente per attirare investimenti stranieri. In tempi rapidi, il Governo croato ha infatti modificato la legge sull’esplorazione di idrocarburi, rendendola più attraente e con maggiori garanzie per gli investitori. Inoltre, questa attività è stata dichiarata strategica per la nazione, prescrivendo naturalmente l’assoluto rispetto dell’ecosistema adriatico. 

Il problema di questo ecosistema è complesso, trattandosi in pratica di un enorme golfo chiuso che si diparte da un mare interno. E’ noto come esso sia molto sensibile a causa delle caratteristiche fisiche e quindi nello sfruttamento è necessario utilizzare tutte le precauzioni possibili affinché non accada quanto alcuni anni fa è successo alla BP nel Golfo del Messico. D’altronde, effetti sulle specie marine si sono già manifestati a causa dell’eccesso di pesca e dell’antropizzazione. E’ da notare, peraltro, come sia negli interessi della Croazia il mantenimento di un ambiente e di un paesaggio che favoriscano il turismo già ben avviato. Della minore sismicità dell’area adriatica rispetto a zone limitrofe, si è già detto.  

Rimane da considerare il più volte citato rischio di subsidenza (il lento e progressivo abbassamento verticale di un’area sia emersa che sommersa). Diversi governi e enti tecnici hanno dato valutazioni diverse sulla possibilità che l’estrazione di idrocarburi sia causa della subsidenza. E’ anche possibile che il fenomeno abbia origini naturali oppure sia dovuto all’estrazione di acqua dolce per usi agricoli e civili. Il fenomeno è largamente evidente in vaste zone della Pianura Padana centro-orientale, dove lo sviluppo seguito alla fine della II guerra mondiale ha comportato la necessità di enormi quantità di acqua per lo più pompate dal sottosuolo. E’ noto infine che la legislazione italiana per lo sfruttamento di idrocarburi in aree offshore è molto restrittiva sarebbe perciò possibile garantire modalità corrette di lavoro.

Peraltro, se la Croazia va avanti, potrebbe diventare impossibile fermarla. Si impone quindi la necessità di scelte importanti per proteggere le nostre risorse.  Alcuni aspetti delle implicazioni politiche ed economiche del comportamento unilaterale della Croazia sono descritte negli altri contributi su queste tematiche pubblicati in questo numero de l’Astrolabio.

Il tema deve esser collocato in primo piano nell’agenda governativa.

Purtroppo, l’ordine del giorno della maggioranza, votato il 2 aprile scorso anche da Forza Italia e dal Movimento 5 Stelle, quindi in pratica votato all’unanimità, ha scelto la strada della “sospensione” per ulteriori approfondimenti e per il recepimento della Direttiva europea su questa tematica; di fatto si è scelta la solita strada della “moratoria”.

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