Tags: Governo, Rischi naturali

LE MINACCE PER L’ITALIA

Scenari di rischio

di: Leonello Serva
Per far fronte al rischio sismico, a quello vulcanico e a quello geologico-idraulico, servono profondi cambiamenti della cultura di governo e delle sue priorità.


 

L’Italia è un paese a rischio per gli effetti di diversi eventi naturali. Nell’ordine, tra quelli statisticamente più rilevanti, vi sono:
- il rischio geologico-idraulico (che in verità, oltre a riguardare eventi naturali, è spesso aumentato o causato dall’azione dell’uomo), a carattere quasi costante nel tempo;
- il rischio sismico, ossia quello causato da terremoti e tsunami, che può tramutarsi in catastrofico;
- il rischio vulcanico, dovuto ai vari tipi di eruzioni ed altri fenomeni vulcanici, che può diventare apocalittico.

Le dizioni “costante nel tempo”, “catastrofico” e “apocalittico” sono indispensabili per la descrizione corretta dei fenomeni. Le conseguenze del rischio geologico-idraulico sono più o meno costanti nel tempo; in altre parole, è molto difficile che vi siano in futuro frane ed alluvioni significativamente più estese di quelle già viste negli ultimi 50 anni. Gli effetti varieranno in funzione del grado di antropizzazione dell’area colpita, ma non saranno mai catastrofici come nel caso di eventi sismici o vulcanici.

Il rischio sismico invece può diventare “catastrofico”, ossia dovuto ad un terremoto di un’intensità di cui nessuno degli italiani di oggi abbia avuto esperienza in precedenza. Ad esempio, è possibile un terremoto di magnitudo intorno a 7 - circa trenta volte più forte di quello avvenuto a L’Aquila - nelle vicinanze di Napoli (in Irpinia), oppure a Catania o a Messina/Reggio Calabria,. In questi casi, non sarebbero interessate poche migliaia di persone, come nei terremoti verificatisi negli ultimi 80 anni, ma molte centinaia di migliaia, bisognose di interventi di soccorso ingenti e complessi. In confronto, la ricostruzione rappresenterà un problema ben più grave di quella in Abruzzo o in Emilia. Questi scenari di rischio sono reali: in Italia, ai primi del Novecento, si verificarono tre terremoti di magnitudo intorno a 7, come quelli della Calabria tirrenica (1905), di Messina/Reggio Calabria (1908) e di Avezzano (1915).

 “Apocalittico”, infine, potrebbe essere il rischio vulcanico se si “svegliasse” veramente il Vesuvio o – peggio - i Campi Flegrei, che potrebbe interessare milioni di persone, con scenari inimmaginabili, specialmente se azioni importanti d’intervento e mitigazione non venissero prese in considerazione per tempo. In entrambi i casi poi, per un evento sia catastrofico che apocalittico, potrebbero verificarsi situazioni sociali gravi con ripercussioni politiche a livello nazionale, ed anche europeo, nel caso di una grande esplosione vulcanica.

Cosa fare a fronte di questi potenziali scenari? Si tratta di un problema enorme, che va portato all’attenzione della politica. Occorrono profondi cambiamenti della cultura di governo, in riferimento alla prevenzione, alla mitigazione del danno e all’emergenza. Occorre una valutazione attendibile dei costi secondo i vari scenari, informarne la pubblica opinione; stabilire delle priorità, con risorse certe; per allocare al meglio i fondi pubblici. In altre parole, stabilire su cosa concentrare l’intervento pubblico e privato, arrivando magari a concludere, per esempio, che forse è meglio, a fronte di un probabile terremoto, impegnarsi per mettere in sicurezza il patrimonio culturale (due nomi a caso in zone a rischio: Pompei e Paestum), piuttosto che finanziare interventi meno necessari, ridondanti, marginali o a difesa da pericoli ipotetici.

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