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LA “GREEN ECONOMY” DI BERSANI & C.
Dialoghi con lobby
- di: Rosa Filippini
Ho appena finito di leggere l’articolo di Signorino qui sopra e già trovo, sui giornali di oggi, la riprova della deriva delle politiche ambientali a cui andiamo incontro. La notizia è che Bersani, il primo giorno dell’incarico, fra le rappresentanze della cosiddetta società civile, ha consultato le associazioni ambientaliste. Quali? Ca va sans dire: Legambiente, Greenpeace, WWF, FAI, CAI, TCI, Pronatura. Per un lettore normale non c’è niente di strano: si tratta delle maggiori e più antiche associazioni ambientaliste. I più avvertiti noteranno invece che mancano alcune sigle storiche e associazioni non certo minori come Italia Nostra, Lipu, Amici della Terra, o significative per differenti motivi come Mountain Wilderness, Movimento azzurro, Altura, Comitato per la bellezza. Come mai?
Bersani ha scelto di incontrare le associazioni ambientaliste firmatarie di un lungo documento predisposto da WWF e Legambiente. Il documento contiene 80 richieste alle forze politiche e al nuovo Parlamento con un focus prioritario ed irrinunciabile, quello di tornare a privilegiare eolico e fotovoltaico attraverso nuove misure di favore nonostante i 240 miliardi già caricati sulle bollette degli italiani per i prossimi vent’anni.
Fra le associazioni ambientaliste, alcune hanno firmato senza guardare tanto per il sottile, accettando di farsi portavoce di una lobby industriale ben definita e di una politica energetica e ambientale piuttosto disinvolta. Con altre, proprio su questo, si è consumata una rottura abbastanza grave.
Bersani ha scelto di incontrare le prime e di sposare acriticamente la lobby da loro rappresentata, senza porsi problemi di contenuti e ignorando differenze, contrasti, confronti in atto.